Gaza, Mia sequestrata col cane: «Solo grazie alla mia Bella ho resistito in quei tunnel»

Quasi due mesi nelle mani dei terroristi. «Ma per fortuna non me l’hanno uccisa»

Gaza, Mia sequestrata col cane: «Solo grazie alla mia Bella ho resistito in quei tunnel»
di Marco Ventura
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Sabato 9 Dicembre 2023, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 13:25

«I love you to Gaza and back». Ti amo fino a Gaza e ritorno. Un viaggio tra la vita e la morte, il più lungo e inimmaginabile. Insieme. Mia e Bella. Strette l’una all’altra. La diciassettenne israeliana dallo sguardo dolce e il sorriso timido. E lei, la cucciola di Shih Tzu, i grandi occhi sgranati sotto i ciuffi bianchi e il bruno tartufo umido. Ostaggi entrambe a Gaza. Liberate. Il video che riprende Mia Mia Leimberg tra i miliziani, tra le urla della folla, mostra il suo spavento quando ha la percezione che il guerrigliero di Hamas mascherato e in mimetica le vorrebbe togliere Bella e lei la stringe più forte a sé, e poi cammina con lo stesso pigiama rosso del 7 Ottobre, dopo quasi due mesi di prigionia, verso il Suv bianco del Comitato internazionale della Croce Rossa. La sua storia sta facendo il giro del mondo. Squarcio di umanità, grazie a una cagnolina di una razza minuscola, che cela nell’etimologia la sua vera natura: «Cucciolo di leone». 

LA TESTIMONIANZA

Rapita dal Kibbutz di Nir Yitzhak con la madre Gabriela, uno zio, una zia e il suo compagno, Mia è stata liberata insieme alla madre e alla zia. Gli uomini della famiglia restano a Gaza, nei tunnel. Il padre, Moshe, non era nel Kibbutz. Adesso Mia si appoggia alla sua spalla nella casa di Gerusalemme e tiene in braccio Bella. Quel giorno la nascose sotto il pigiama. La ragazza compare con la madre sul retro di un pickup bianco, accanto a due miliziani armati, in uno dei tanti video postati sui social. «Per fortuna Bella non è come gli altri cagnolini che conosco», racconta Mia. «È abbastanza tranquilla, a meno che non giochi o non le prenda uno dei suoi momenti da matta. È stata un aiuto enorme per me, mi ha tenuto impegnata. Dovevo sempre fare attenzione che non si allontanasse troppo, che non cercasse di fare le sue esplorazioni lontano da dove eravamo tenuti prigionieri. Senza volere, Bella è stata il mio supporto morale». Certo, non è stato facile con lei percorrere i chilometri nei tunnel.

Gestire quei «quattro chili in più», sotto il pigiama. Dividere con lei il cibo che centellinavano i carcerieri. «Le davamo i resti dei nostri pasti», dice Mia. «Non è stato facile. Bella e io abbiamo fatto un viaggio non da poco, insieme». Solo quando gli ostaggi che dovevano essere liberati son usciti all’esterno, arrampicandosi sulle scale che portavano fuori dai tunnel, e hanno sollevato le botole alla luce del sole, i guerriglieri hanno scoperto che quello non era un pupazzo di peluche, una bambola di cane, ma una vera cagnolina. «Si sono accorti soltanto allora che era un cucciolo vivo respirante», dice Moshe Leimberg, il papà di Mia.

I TERRORISTI E IL CUCCIOLO

«È nata una discussione e alla fine quelli di Hamas le hanno permesso di tenerla, non la vedevano come una minaccia, neanche abbaiava…». E così, l’hanno chiusa in una voliera. Nel Kibbutz, intanto, una maestra di Mia cercava Bella ovunque, sperando di restituirla alla sua allieva una volta fuori Gaza. Non c’è stata una pietra che non abbiamo sollevato pur di trovarla». Sparita. Dispersa. Invece, era con la padroncina, nella Striscia. Alcuni video hanno mostrato i guerriglieri il 7 Ottobre uccidere a fucilate i cani dei Kibbutz che andavano verso di loro scodinzolando, credendo che fossero amici dei padroni. Ce n’è uno che viene freddato con tre colpi sul sentiero che porta a un gruppo di case basse, non smette di correre fiducioso verso gli ospiti finché non cade, contorto e immobile, a pochi metri dai killer. Gabriela, la madre di Mia, prepara il caffè a Gerusalemme.

 

«Ritrovo il piacere dei gesti ordinari, quelli di ogni giorno». Mia dice di stare «fisicamente bene», ma è la testa che continua a stare un po’ a Gerusalemme e un po’ a Gaza. È la mente, dice, che non è ancora del tutto a posto. «Non ne verremo fuori, noi qui, finché tutti gli ostaggi non saranno liberati e torneranno a casa anche mio zio e il compagno di una vita di mia zia. C’è qualcosa di sbagliato nel fatto che noi siamo qui e loro ancora là». L’affetto, la gioia, la muta resilienza di Bella sono riusciti a lenire la sofferenza di Mia in quei due mesi, a dare un senso di vita e umanità perfino nel buio dei tunnel e con addosso nell’ansia di poter morire da un momento all’altro. Forse per il candore, l’innocenza di Bella, estranea a quel mondo di odio tristemente umano. «I love you to Gaza and back», ripete Mia. Ti amo, Bella, fino a Gaza e ritorno. 

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