Hamas e le violenze su Erez e Sahar, i fratellini rilasciati dopo 52 giorni. «Liberi ma traumatizzati a vita»

La zia: "Separati nel tunnel, hanno sofferto la fame"

Le violenze su Erez e Sahar, i fratellini rilasciati dopo 52 giorni. «Liberi ma traumatizzati a vita»
di Raffaele Genah
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Venerdì 8 Dicembre 2023, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 12:01

Sharon Kalderon, è una donna provata ma anche molto determinata. Nei suoi cinquant'anni di vita non avrebbe mai immaginato giornate come queste. Il suo racconto dei due mesi, dal 7 ottobre ad oggi, attraversa ogni momento di questa tragedia che ha sconvolto il Paese. Fotogrammi che restituiscono un quadro che resterà incompiuto fino al ritorno dei 138 ostaggi ancora nelle mani di Hamas. C'è il momento dell'assalto, ci sono le conversazioni disperate da una casa all'altra, cui seguono terribili silenzi, c'è il rapimento di una parte della famiglia, un padre con i due figli, rispettivamente cognato e nipoti; c'è la morte di una donna anziana - nonna materna dei ragazzi - con la nipote autistica. Una storia nella storia. Aveva fatto il giro del mondo l'appello della scrittrice J. K. Rowling per questa piccola ammiratrice del suo maghetto Harry Potter. C'è il momento felice del rilascio dei due ragazzi ma con l'ombra dalla mancata restituzione del loro papà. C'è anche un altro aspetto, passato ovviamente in second'ordine di fronte agli orrori: quello delle 225mila persone, come la stessa Sharon, sfollate dalle loro case per motivi di sicurezza o perché distrutte.

I RAPIMENTI

Il suo racconto comincia dalle sette del mattino, col suono delle sirene nel kibbutz Sufà che annunciano il lancio di missili dalla Striscia.

La corsa nei rifugi. Ma questa volta non sarà come le altre. È l'inizio della tragedia. «Mio marito Nissan riceve poco dopo una telefonata dal fratello Ofer, che vive nel kibbutz di Nir Oz. Anche lui e i due figli, sono sotto il tiro dei razzi. Alle 8.30 non rispondono più nella nostra chat di famiglia». Ma poco più tardi arriva un messaggio inviato dai due ragazzi Sahar, 16 anni - la più grande - ed Erez, 12 anni, alla mamma Hadas - che vive in un'altra casa nello stesso kibbutz: «Sono entrati, hanno bruciato tutto e noi siamo fuggiti da una finestra». Poi più niente. Ormai il terrore dilaga in tutta la zona, anche nel kibbutz dove vivono Sharon, il marito e il figlio di 20 anni che sono chiusi nel rifugio. Ci resteranno per 36 ore, fin quando i militari comunicheranno di aver bonificato l'area. Nel frattempo tra un rifugio e l'altro si intrecciano i messaggi. E la preoccupazione per la sorte dei due ragazzi e del padre cresce di ora in ora. Nessuno è in grado di dire se siano vivi. Dopo una notte interminabile, domenica mattina cominciano a circolare sui social i filmati caricati dai terroristi per mostrare, orgogliosamente, al mondo intero le loro orribili "imprese". Tra questi anche uno che mostra Erez, poco più che un bambino, letteralmente sollevato dalle ascelle e trascinato dagli aguzzini verso l'inferno di Gaza. È l'inizio di un interminabile silenzio accompagnato da un'angoscia crescente. Nel frattempo la nonna dei ragazzi, Carmela, 80 anni, verrà ritrovata morta, abbracciata alla nipote Noya, 12 anni, affetta da una forma di autismo.

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L'APPELLO

Il buio fitto continua per 52 giorni. Poi alle 5 e mezza del pomeriggio del 27, un primo raggio: l'annuncio che due ore dopo i ragazzi saranno a casa. «Molto dimagriti: separati nei tunnel - racconta ancora la zia Sharon - hanno sofferto la fame. Ma quello che preoccupa di più sono le ferite mentali che restano. Per loro - aggiunge - il primo, piccolo, segno di un ritorno alla normalità è stato uno yogurt con la granella di cereali che hanno mangiato con gusto. Ma finché non ritroveranno il padre non potranno neanche immaginare una vita normale. E da giorni circolano voci di abusi e violenze fisiche, mentali e anche sessuali che gli ostaggi subiscono». Adesso la guerra a Gaza è tornata ad infuriare. E Sharon chiede insieme agli altri parenti degli ostaggi: «Prima bisogna accordarsi su una nuova tregua per farli liberare tutti. Poi la guerra ai terroristi di Hamas potrà ricominciare».
 

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