Wyler Vetta, parla l'ad Marcello Binda:«Indipendenti per scelta»

Wyler Vetta, parla l'ad Marcello Binda:«Indipendenti per scelta»
di Paolo Gobbi
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Mercoledì 26 Ottobre 2022, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 17:20

Sulla scia del successo ottenuto dal cronografo Jumbostar dalle linee retrò - i 125 pezzi venduti tutti subito - Wyler Vetta ha deciso di sviluppare ulteriormente questa collezione, declinandola in tipologie e formati diversi. Ne parliamo con l’amministratore delegato Marcello Binda, che si propone di restituire alla marca il lustro che merita.


Una bella scommessa?
«Sì, soprattutto per il periodo storico. La cosa interessante è che mi sembra ci siano diversi marchi che in questo momento stanno lavorando sul recupero delle proprie radici per andare poi su un prodotto contemporaneo. Non sono, quindi, da solo in questa avventura».


Se volessimo racchiudere in un solo volume tutta la storia dell’orologeria, quale sarebbe il vostro posto?
«In 126 anni di storia Wyler Vetta ha fatto tanta storia, alternando momenti e situazioni diverse. Il nostro compito oggi è quello di rimettere insieme tutti gli elementi. È una sfida che ci piace».


Oggi sono le marche indipendenti quelle che raggiungono risultati migliori, di popolarità e di vendite. 
«Il nostro modello di business è proprio quello della marca indipendente, che ha una propria strategia, un baricentro preciso attorno al quale costruire una collezione e una grande esperienza maturata in anni di lavoro. A questo si aggiunge un’estetica “fresca”, che anche nelle piccole serie limitate permette esercizi di stile piuttosto belli».


Qual è stato il feedback degli appassionati al Jumbostar?
«Abbiamo avuto due riscontri importanti: il primo che l’orologio è bellissimo, il secondo che la misura era forse troppo grande.

Questi giudizi, interessanti, ci sono arrivati principalmente da collezionisti attivi nel mondo del vintage. In realtà la marca non vuole fare vintage, piuttosto del neo - vintage. Per questo la misura 43 era stata fatta appositamente per non andare solo a rispolverare l’effetto nostalgia: volevamo un cronografo che “si vedesse”, che fosse armonico rispetto alle tendenze attuali. Adesso ne abbiamo realizzata una versione più piccola».


I vostri orologi sono Swiss Made: siete un marchio svizzero o italiano?
«Diciamo cinquanta e cinquanta: il brand è nato in Svizzera, ma a crearlo fu mio nonno, italiano di Monvalle, nel varesotto, proprio vicino al confine elvetico. Siamo italiani per la nostra capacità di creare uno stile diverso. Tutta la parte costruttiva, tecnologica, le competenze e l’esperienza sono totalmente svizzere».


Declinate il Jumbostar anche in altre versioni?
«Sì. Abbiamo realizzato una versione diver 200 metri, che si presta alla perfezione al disegno dell’orologio anche se non era stata pensata negli anni ’70. Il subacqueo conserva le caratteristiche della collezione, aggiungendo dettagli contemporanei, come la lunetta in ceramica, ma mantenendo l’elemento fondamentale del quadrante con il pattern ribassato nel caratteristico colore crema e rosso».
 

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