Qual è il "segreto" che consente all'Italia di rimanere in piedi? Un Paese che non fa figli, con un debito pubblico enorme e un sistema politico spappolato dovrebbe essere in crisi nera e con le piazze in tumulto. E invece no. Perché? Una risposta arriva dal bel libro scritto dall'analista Rachele Sessa per Rubbettino: "Perché le fabbriche fanno bene all'Italia". In 132 pagine ricche di cifre ma affatto noiose, Sessa rivela una verità che in tanti ignorano: è l'Industria a tenere in piedi l'Italia. I 500 miliardi circa di export del 2021 sono un record mondiale in rapporto alla popolazione. Ma soprattutto è da record il flusso di denaro che, grazie alla produzione industriale, dall'estero si riversa al di qua delle Alpi: 63 miliardi di attivo commerciale nel 2020; 56 nel 2019 e così via per i precedenti 10 anni.
E' la storia vincente del made in Italy il vero scrigno italiano. Ma i soldi, pur benedetti, non dicono tutto. Perché l'Industria è sempre più un bene sociale che procura benefici diffusi agli italiani. Sessa ci ricorda che le fabbriche hanno cinque effetti positivi: aggregano conoscenze e generano scambio fra saperi scientifici e umanistici; sono beni collettivi del territorio, in particolare nel Mezzogiorno; tengono l'Italia collegata allo sviluppo globale; immettono valore aggiunto nei manufatti e ultimamente li hanno arricchiti di servizi tecnologici; migliorano la qualità del lavoro perché operano sempre più nella fascia di più alta qualità dei prodotti.
Con il suo libro Sessa si inserisce a pieno titolo nel filone dell'industrialismo italiano, una branca della ricerca economica colpevolmente dimenticata dall'Università e dalla stessa industria.