Le fabbriche? Fanno bene all'Italia
Un libro capovolge il racconto dell'Industria

Le fabbriche? Fanno bene all'Italia Un libro capovolge il racconto dell'Industria
di Diodato Pirone
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Lunedì 14 Febbraio 2022, 10:07

Qual è il "segreto" che consente all'Italia di rimanere in piedi? Un Paese che non fa figli, con un debito pubblico enorme e un sistema politico spappolato dovrebbe essere in crisi nera e con le piazze in tumulto. E invece no. Perché? Una risposta arriva dal bel libro scritto dall'analista Rachele Sessa per Rubbettino: "Perché le fabbriche fanno bene all'Italia". In 132 pagine ricche di cifre ma affatto noiose, Sessa rivela una verità che in tanti ignorano: è l'Industria a tenere in piedi l'Italia. I 500 miliardi circa di export del 2021 sono un record mondiale in rapporto  alla popolazione. Ma soprattutto è da record il flusso di denaro che, grazie alla produzione industriale, dall'estero si riversa al di qua delle Alpi: 63 miliardi di attivo commerciale nel 2020; 56 nel 2019 e così via per i precedenti 10 anni.

E' la storia vincente del made in Italy il vero scrigno italiano. Ma i soldi, pur benedetti, non dicono tutto. Perché l'Industria è sempre più  un bene sociale che procura benefici diffusi agli italiani. Sessa ci ricorda che le fabbriche hanno cinque effetti positivi: aggregano conoscenze e generano scambio fra saperi scientifici e umanistici; sono beni collettivi del territorio, in particolare nel Mezzogiorno; tengono l'Italia collegata allo sviluppo globale; immettono valore aggiunto nei manufatti e ultimamente li hanno arricchiti di servizi tecnologici; migliorano la qualità del lavoro perché operano sempre più nella fascia di più alta qualità dei prodotti.

Con il suo libro Sessa si inserisce a pieno titolo nel filone dell'industrialismo italiano, una branca della ricerca economica colpevolmente dimenticata dall'Università e dalla stessa industria.

Ma soprattutto ha il merito di capovolgere il racconto che viene fatto sull'industria: la fabbrica resta il tempio del cambiamento ma proprio per questo non possiamo ricordarcene solo quando chiude. Non è vero che per restare aperte le fabbriche italiane riducono i salari e aumentano i ritmi di lavoro. Se innovative e ben gestite, le nostre industrie fanno esattamente il contrario: aumentano il saggio di lavoro nei loro prodotti. Con conseguenze inaspettate. Qualche tempo fa una ricerca del Censis sulla fabbrica Fiat di Melfi in Basilicata che dà lavoro a circa 20.000 persone fra dipendenti diretti e indiretti scoprì che quell'area del Sud registrava più diplomati e laureati non solo della media del Mezzogiorno ma anche di quella nazionale. Inoltre fra gli operai Fiat si registrava un tasso di divorzi inferiore alla media regionale. Tempo dopo la direzione della fabbrica organizzò una mostra di grande successo dedicata a "La nostra fabbrica". E' la stessa missione di questo libro: la riscoperta di un patrimonio di ricchezza e di futuro che appartiene a tutti noi.  

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