«Santo Stefano, avanti tutta» ma per l'approdo serve altro tempo

«Santo Stefano, avanti tutta» ma per l'approdo serve altro tempo
di Vittorio Buongiorno
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Domenica 24 Marzo 2024, 09:21

VENTOTENE

Settanta ventotenesi ieri hanno attraversato il braccio di mare che separa l'isola pontina dall'isolotto di Santo Stefano per vedere a che punto sono arrivati i lavori di recupero dell'ex carcere borbonico. E' già questa una notizia perché il rapporto con l'ergastolo è stato sempre di amore ed odio. L'imponente struttura borbonica incombe a un miglio di mare dal porto, ma la stragrande maggioranza degli isolani non ci mette piede da tempo. Persino le famiglie che a Santo Stefano avevano campi coltivati e un allevamento di mucche ammettono che sono decenni che mancano da lì. Ora però che il carcere è oggetto di un imponente lavoro di recupero e di riqualificazione l'interesse è tornato.
Per questo Giovanni Macioce, commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione del sito ha voluto aprire le porte. «E' una questione di trasparenza - racconta - In tanti ci chiedono e in tanti, va detto, dicono anche cose che non stanno né in cielo né in terra, che siamo fermi, che non stiamo facendo nulla. Così ho detto alla mia squadra: apriamo le porte, tutti devono vedere come procedono i lavori. E vi assicuro che procedono eccome malgrado condizioni ambientali veramente difficili che caratterizzano l'isola di Santo Stefano».
La struttura, e in particolare i due corpi esterni, è impacchettata dai ponteggi. L'appalto, per cui sono stati stanziati dal governo 70 milioni di euro, è gigantesco e è stato organizzato in tre fasi. La prima, che si è conclusa, è stata quella di un intervento di somma urgenza per tutto ciò che era a rischio crollo, con ad esempio, il cerchiaggio dei pilastri più rovinati. Ora siamo praticamente a metà del secondo step, l'intervento di messa in sicurezza. «Siamo al 40 per cento di questa fase - spiega Letterio Sonnessa, ingegnere e direttore dei lavori per conto di Invitalia che è soggetto attuatore dell'intervento - In sostanza stiamo tamponando i dissesti in atto che sono dovuti al degrado materiali e all'assenza di manutenzione». Ricordiamo che il carcere è stato in funzione fino al 1965 e da allora è stato chiuso e di fatto abbandonato ai vandali e al saccheggio, oltre che all'aggressività dell'ambiente marino. La situazione odierna è il risultato di tutto ciò. «In alcune parti si sono aggiunti dei crolli - continua Sonnessa - che hanno aggravato le situazioni instabili».
Adesso è stato possibile vedere a che punto si è arrivati. «Nei due corpi laterali - illustra Sonnessa durante la visita al carcere - stiamo facendo interventi di messa in sicurezza puri, con l'applicazione di opere di presidio, puntelli di sostegno, sbatacchiature dei vani, reti per evitare caduta dei calcinacci».
«Qui - continua Sonnessa - stiamo facendo interventi di sicurezza più duraturi, cercando di evitare l'utilizzo dei puntelli, con sostituzione degli architravi con mattoni di tufo e ricostruzione dei piedritti, con consolidamenti delle murature, l'integrazione di tutte le mancanze murarie, iniezioni di malta». Entrando nel corpo laterale a sinistra dell'ingresso, dove un tempo c'erano i laboratori di tessittura, si vede benissimo come gli anni, la pioggia e l'azione dell'ambiente marino hanno "mangiato" i mattoni di tufo che sono ormai sottili in alcuni punti come fogli di carta. «Anche per questo c'è una proposta che stiamo condividendo con la Soprintendenza di realizzare subito l'intonaco sulle pareti esterne esposte al mare proprio per creare una barriera di protezione a salvaguardia dell'intervento»
Diverso il discorso per il Panopticon, il cuore del carcere borbonico, una struttura pensata per poter controllare a vista i detenuti 24 ore su 24. «Architettonicamente questo di Santo Stefano è esempio unico, ripropone le forme e le proporzioni del teatro San Carlo di Napoli - racconta Salvatore Schiano di Colella, storica guida del carcere, studioso e memoria dell'ergastolo - L'ingegner Francesco Carpi creò qui un teatro ribaltato mettendo sotto gli spalti non gli spettatori ma gli attori-detenuti e sulla quinta scenica, sul palcoscenico, non gli attori ma gli spettatori, ovvero i militi della Real Marina che potevano da quel punto controllare tutte le celle».
Costruito alla fine del Settecento è un monumento unico e per questo raccomandazioni e prescrizioni della Sovrintendenza sono state e sono ferree. Qui l'intervento principale sarà la demolizione della pensilina di cemento armato realizzata pochi anni prima della chiusura che con il suo peso sta mettendo a rischio l'intero complesso. Per il momento sono stati messi in sicurezza i pilasti e soprattutto le due torri esagonali che erano in condizioni drammatiche. «Qui abbiamo "pulito" rimuovendo circa cinquecento tonnellate di materiali - spiegano i tecnici. Portarli via dall'isolotto non è stato semplice, è stato necessario utilizzare l'elicottero» .
L'obiettivo è completare questa seconda fase in un anno. Nel frattempo si sta lavorando anche nel resto dell'isola. Si stanno ripristinando i vialetti e i muri a secco. «Anche questa cosa non semplice. Una delle prescrizioni prevede che vengano rifatti come erano, senza malta e trovare la manodopera non è stato semplice. Difficile anche recuperare pietre adatte, in Italia non abbiamo trovato una cava che le fornisca» spiegano i tecnici. Un altro intervento importante ha riguardato il cimitero dell'isola dove sono sepolti decine di ergastolani morti durante la reclusione. Qui è stato ricostituito il muro perimetrale e puntellato quel che resta dell'antica chiesetta. Le tombe sono sommerse dalle erbacce. «Interverremo anche qui quanto prima» assicura il commissario Macioce.

IL FUTURO

Finito il secondo step partiranno i lavori di restauro. «A quel punto gli operai delle ditte che si aggiudicheranno l'appalto potranno lavorare in assoluta sicurezza. Purtroppo i lavori finiranno nel 2025, con un anno di ritardo rispetto al previsto». Dice Macioce. Nel frattempo non si è risolto il problema dell'approdo: «Stiamo cercando disperatamente di farlo, è un grosso problema. Questa è una riserva circondata da area marina protetta, e dobbiamo rispettare una serie di tutele. Stiamo iniziando una nuova progettazioni, quelle passate sono state scartate dalla commissione Via. Oggi non esiste ancora dopo 4 anni di lavoro nemmeno il progetto, una idea che ci ha dato commissione via che dovrà essere realizzata. Prevede un grigliato di acciaio che appoggia su pali di acciaio infissi nel fondo marino e che sarà permanente. E' una struttura che sembra possa sopportare le grandi mareggiate e dunque faremo quella»

IL LOTTO FUNZIONALE

Ma le prescrizioni della Valuutazione di incidenza ambientale hanno ridotto anche i limiti del "peso antropico" sull'isolotto. «Per questo abbiamo pensato di realizzare un lotto funzionale sull'isola di Ventotene», dice Macioce. Una sorta di campo base nell'area dell'ex cittadella confinaria di Ventotene «che sarà servente al progetto principale - spiega il commissario - e dove molte funzioni saranno replicate perché a Santo Stefano ci sono tante giornate dove è impossibile accedere. Questo lotto consentirà di destagionalizzare - spiega Macioce- perché Ventotene ha bisogno di vivere non solo nei mesi estivi»
Vittorio Buongiorno
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