Ricoverato da oltre due mesi al "Goretti" di Latina, l'uomo indiano che nessuno vuole

Ricoverato da oltre due mesi al "Goretti" di Latina, l'uomo indiano che nessuno vuole
di Giovanni Del Giaccio
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Venerdì 9 Novembre 2018, 09:03
Lo hanno portato d'urgenza in ospedale il 27 agosto per un ictus con infarto cerebrale. Una cosa seria, per la quale i medici del Santa Maria Goretti gli hanno salvato la vita e lo hanno curato. Da allora sono passati più di due mesi e Paolo - il nome è di fantasia - può finalmente lasciare l'ospedale. Solo che non è possibile, perché i parenti non intendono prenderlo in carico, né i servizi sociali del Comune possono farlo.
Il motivo? Lo abbiamo chiamato Paolo ma è un cittadino indiano, privo del permesso di soggiorno, uno dei tanti invisibili di quel vasto mondo di clandestini sfruttati nelle campagne e lasciati spesso al loro destino. È un peso, quest'uomo di 45 anni, in Italia da tempo, ma per il quale è difficile intervenire anche a livello burocratico.

Dall'ospedale è in dimissione ma non ha un posto dove andare, quindi resta a occupare un posto letto in attesa che si trovi una soluzione. Perché comunque Paolo ha bisogno di un sostegno e quindi di un minimo di assistenza. Perché senza permesso di soggiorno, una collocazione pubblica non può essere garantita. Da solo non ce la fa, quindi resta in ospedale aspettando che si trovi una soluzione alla quale - tra Asl e servizi sociali del Comune di Latina- si sta già lavorando.

I contatti sono pressoché quotidiani da quando il paziente è stato messo in dimissione, ma intanto resta in ospedale e si tratta un classico ricovero improprio. Come uscirne? Si vedrà in questi giorni, si sta cercando di coinvolgere anche la comunità indiana che è molto presente, ma se Paolo non lo vogliono i familiari, si troverà solidarietà tra i connazionali? Difficile, ma non impossibile, per questo si cerca di seguire anche questa strada. Oltre quella di un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di salute. Solo che qualcuno deve chiederlo e non sembra ancora avviata la pratica.

Lui se ne sta tranquillo nel letto, sorride, ringrazia per la vita salvata e per le cure che gli vengono prestate ogni giorno nel reparto di neurologia. Solo che lì non può stare più, quel posto serve a chi ha bisogno perché si sta ricoverati quando si è nella fase acuta di una malattia e non dopo. Una storia singolare, non c'è dubbio, ma che merita assolutamente un finale migliore.
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