Latina, anziana morì dopo l'abbandono in una casa di riposo: 4 condanne per omicidio volontario

Il giudice Nicola Iansiti
di Marco Cusumano
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Lunedì 10 Ottobre 2016, 19:57 - Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 16:29
E’ una sentenza senza precedenti quella emessa dalla Corte d’Assise del tribunale di Latina. I giudici (presidente Nicola Iansiti, a latere Giorgia Castriota) hanno condannato quattro persone a 14 anni di carcere per omicidio volontario, legato alla morte di un’anziana ospite di una casa di riposo di Aprilia.

Casi simili, in genere, vengono trattati con l’ipotesi di omicidio colposo, ma in questo caso il pubblico ministero Cristina Pigozzo ha voluto dimostrare che gli imputati provocarono la morte dell’anziana in maniera “consapevole”. 

La vicenda riguarda Elisabetta Pinna, 85 anni, che nel nel 2010 fu accolta nella casa di riposo “Villa Sant’Andrea” ad Aprilia. Dopo una caduta e la rottura del femore, l'anziana era di fatto immobilizzata e in più soffriva di problemi cardiaci e del morbo di Alzheimer. «Non poteva essere accolta in una struttura del genere» ha sostenuto il pm durante la requisitoria. E invece fu accolta, per circa 1.200 euro al mese, ma poi di fatto abbandonata al proprio destino. 

L'accusa parla di "terapia motoria assente" ma anche di "scarsa alimentazione e idratazione". Soprattuto nessuna cura delle piaghe da decubito che provocarono infezioni gravissime. Inoltre le reali condizioni della donna furono nascoste ai parenti, in particolare alle persone che la nipote dell’anziana inviava nella casa di riposo per far visita alla signora, visto che lei non poteva andare personalmente, vivendo lontano per motivi di lavoro.

Solo dopo il ricovero, peratro tardivo, i medici scoprirono le reali condizioni dell’anziana 85enne. Ma era ormai troppo tardi. Nel referto dell’ospedale si parla di «condizioni generali gravissime: cute disidratata, malnutrizione, lesione da decubito con necrosi, fino al piano osseo e ai muscoli». I medici fecero il possibile ma la signora morì il 18 luglio 2010 nell’ospedale di Gallarate (Varese) dove fu trasferita per volontà della famiglia.

Durante il processo il medico legale Maria Cristina Setacci spiegò che fu la sepsi e poi la polmonite, sviluppatesi durante il ricovero presso la casa per anziani, a provocare la morte dell’anziana. Inoltre le piaghe da decubito, secondo il medico di Anzio che aveva curato l’anziana, erano legate alla mancanza delle cure basilari. Accuse ampiamente sostenute in aula anche dagli avvocati di parte civile, Silvia Siciliano e Renato Archidiacono che oggi commentano: «Si tratta di una sentenza esemplare di condanna per omicidio volontario legata all'assenza di cure e di assistenza in campo sanitario».

La sentenza disponde la pena di 14 anni per Alfio Quaceci (proprietario della casa di riposo); Maria Rosaria Moio (operatore socio sanitario) e Neomi Biccari (operatore socio sanitario). Per Georgeta Palade (infermiera professionale) la pena è di 14 anni e un mese.

Sono invece due le assoluzioni: a favore di Carmelina Maggiordomo (operatore tecnico addetto all’assistenza) e Luciana Liberti, addetta alle cure per gli anziani. 

Per le parti civili i giudici hanno disposto una provvisionale è di 45.000 euro, ma il risarcimento totale dovrà essere stabilito in sede civile.
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