Crac Midal: Barberini attacca la Izzi: «Voleva uscirne risultando proprietaria di 4 punti vendita»

Paolo Barberini
di Stefania Belmonte
4 Minuti di Lettura
Giovedì 28 Marzo 2019, 12:10
Ha parlato davanti ai giudici per oltre due ore Paolo Barberini, l’ex amministratore delegato della Midal. Illustrando le dinamiche interne della gestione aziendale, ha lanciato pesanti frecciate a Rosanna Izzi, anche lei sotto accusa per il crac del gruppo dei supermercati.
La Midal, colosso della distribuzione alimentare con supermercati tra Latina, Frosinone e Roma, è fallita nel 2012 lasciando senza lavoro decine di dipendenti. L’ipotesi della Procura è bancarotta fraudolenta.

Davanti al collegio penale presieduto da Gianluca Soana e al pm Andrea D’Angeli, l’ex amministratore delegato della Midal ha spiegato quali fosero i rapporti con la Bnl, l’istituto di credito presso il quale era stato chiesto il finanziamento dell’operazione che avrebbe dovuto salvare il gruppo.
Midal, colosso della distribuzione alimentare con supermercati tra Latina, Frosinone e Roma, è stato protagonista di un crac milionario che nel 2012 lasciò senza lavoro decine di dipendenti. Il fallimento portò la Procura ad indagare con l’ipotesi di bancarotta proprio l’ex amministratore delegato Barberini, il revisore addetto al controllo contabile Sandro Silenzi, il presidente del collegio sindacale Sergio Gasbarra, il presidente del consiglio di amministrazione Rosanna Izzi, il manager Ivo Lucarelli, commercialisti e imprenditori. Nel febbraio del 2013 gli arresti per i vertici della società.

Ieri Barberini ha parlato a lungo, ripartendo dalle dichiarazioni del suo interrogatorio di garanzia e sostenendo nuovamente di essere stato lui stesso vittima di una situazione poco chiara, scoperta dopo essere andato via (cosa che avvenne nel 2010) e ricostruita successivamente. Sostenendo di essere ancora creditore nei confronti dell’azienda (Tfr ed altre somme concordate per la cessazione del rapporto di lavoro) e ricordando di essere l’unico della società ad aver risarcito i 59 lavoratori (che nei suoi confronti hanno revocato la costituzione di parte civile) e ad aver versato oltre un milione e mezzo ricavati dalla vendita di una barca e di due appartamenti nel conto della curatela fallimentare. «Se fossi rimasto, la Midal probabilmente ci sarebbe ancora» è stata la conclusione dell’imputato.

All’inizio della deposizione Barberini ha ammesso di essere a conoscenza delle fatture false per 5 miliardi di lire pagate ad una società estera tra il 2000 e il 2006: «La scelta era tra regalare un’azienda in buona salute alle banche, oppure cercare di ripianare i debiti personali della Izzi con questo sistema». Poi il racconto sul piano di risanamento. «Con la crisi dei mercati dal 2007 in poi, era necessario rivedere la nostra politica aziendale, applicando rigore e risparmio». Barberini si paragona all’ex premier Mario Monti, passato per il “cattivo” di turno per la spending review durante il suo governo. «Dovevamo restare solo a Latina, abbattendo i costi della logistica e di personale, vendendo tutto il resto. Saremmo così riusciti ad ottenere una quota di mercato del 60 per cento in provincia di Latina, cosa che ci avrebbe reso una realtà indispensabile nel settore della distribuzione. Bnl aveva predisposto già la pratica e i documenti per darci 10 milioni. In una riunione del Cda nel 2009, Izzi spiegò la logica dell’operazione, io invece i dettagli economici. Vendendo i 4 supermercati di Frosinone avremmo incassato subito 7 milioni. Con i 10 milioni invece avremmo dovuto acquistare supermercati a Latina per 26 milioni di euro di fatturato». Poi però, secondo la ricostruzione dell’imputato, venne tutto bloccato nel 2011, quando lui era già andato via. Nel 2012 ci fu il fallimento.

«Il piano venne discusso per più di un anno, ma è stato fermato con un chiaro intento truffaldino» ha detto Barberini. La spiegazione sarebbe in una email, letta in aula e depositata agli atti, in cui un consulente indicava i passaggi da seguire per “fermare subito Midal”: in sintesi, sarebbe bastato aprire una società dalla quale far acquisire ciò che restava di buono, per poi entrare in concordato preventivo.
«L’idea – ha continuato Barberini con il testo in mano – era quella di ripagare i debiti e tenersi il resto, che è poi quello che hanno fatto e cercato di fare in altre situazioni. Quale era il vantaggio della Izzi da questa operazione, bloccando il piano di risanamento? Quella di uscirne risultando proprietaria di 4 punti vendita in città». «Non avevamo bisogno di un concordato – ha spiegato l’ex amministratore delegato – perché si fa quando un’azienda è decotta e la nostra situazione non lo era».
La prossima udienza si terrà il 25 giugno alle 10. In questa sede tornerà a parlare lo stesso Barberini, che concluderà la sua deposizione, stavolta interrogato dal difensore Renato Archidiacono. Nella stessa udienza sarà chiamata a parlare anche Rosanna Izzi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA