Strage Bologna, Luciano Violante: «Una commissione? Se è seria può essere utile»

L’ex presidente della Camera: «Un’inchiesta parlamentare sui responsabili delle deviazioni. Il Paese ha sconfitto i progetti stragisti ma si deve continuare a cercare la verità»

Strage Bologna, Luciano Violante: «Una commissione? Se è seria può essere utile»
di Mario Ajello
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Mercoledì 2 Agosto 2023, 00:05

Presidente Violante, sa pensa di una commissione d’inchiesta sulla strage di Bologna: può servire o rischia di diventare l’ennesimo organismo inutile e confusionario? 
«Dipende. Molte commissioni d’inchiesta sono state proficue. La commissione parlamentare sui reati della mafia contro i sindaci ha fatto emergere meritoriamente il problema drammatico del foggiano. Non mi pare si possa dire la stessa cosa, della cosiddetta commissione Mitrokin che rientrava chiaramente in una battaglia politica». 

Quella su Bologna? 
«Una commissione politica contro le sentenze, sarebbe eversiva.

Può servire invece scoprire le responsabilità politiche per le deviazioni. Perché alti ufficiali come Musumeci e Belmonte inventarono prove false e scontarono in silenzio anni di galera? C’era un disegno politico contro la nostra democrazia. Chi lo ispirava? Le deviazioni sono una tema drammatico, sulle quali il Capo dello Stato ha detto parole ferme. Le commissioni d’inchiesta servono a individuare le responsabilità politiche e le deviazioni rientrano nelle responsabilità politiche». 

La strage non fu rivendicata.
«Nessuna strage è mai stata rivendicata. Non avevano bisogno di spiegazioni; erano parte di un progetto che si sarebbe compreso col tempo. L’Italia è stata colpita da undici stragi politiche, due opposti terrorismi con più di 500 uccisi in quindici anni, due stragi di mafia, diversi tentativi di rovesciamento violento del governo, l’omicidio di un uomo di Stato, Aldo Moro, di 24 magistrati e di undici giornalisti. Dovevano schiantarci. Ma siamo stati più forti, non abbiamo ceduto. L’Italia della democrazia ha vinto grazie al concorso di tutti. A volte dimentichiamo le nostre virtù profonde. E’ grave perché in quei sacrifici c’è la nostra identità». 

C’entrano i palestinesi nella strage di Bologna? 
«Le tensioni con i palestinesi le aveva risolte il generale Giovannone. E poi Licio Gelli aveva manovalanza terroristica in casa propria, non aveva bisogno dei palestinesi». 

Secondo lei fa bene o sbaglia Meloni a non andare alla celebrazione della strage, dove comunque ci sarà il ministro Piantedosi?  
«E’ una scelta che spetta a lei, e che va rispettata. La questione è un’altra: questa destra di governo deve fare uno sforzo - che non riguarda certamente né Giorgia Meloni né il gruppo dirigente di Fratelli d’Italia - per liberarsi dai mostri del passato. Nella destra italiana ci sono state componenti eversive, come ci sono state le Brigate Rosse a sinistra. Capisco che i più giovani, per un malinteso spirito di partito, possano ambire a rovesciare la storia e i processi. Ma le cose sono andate tragicamente in un’altra direzione. C’è ben altro di più degno per impegnarsi oggi a destra. Tentare di riscrivere la storia spaccherebbe il Paese e non porterebbe a nessun risultato politico». 

Lei è un veterano delle commissioni d’inchiesta, che cosa si aspetta in questo caso? 
«Le Commissioni funzionano quando c’è civiltà politica. Questo clima è essenziale particolarmente oggi. I documenti desecretati, ad esempio, potrebbe prima leggerli il Copasir, poi fare una relazione al Parlamento e su quella base il Parlamento potrebbe decidere quanto è più utile per il Paese». 

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C’è molta parte d’Italia stanca del peso schiacciante della nostro storia. Siamo il Paese che Leonardo Sciascia descriveva «senza verità e senza memoria»? 
«Un giudizio disperato e deresponsabilizzante. La verità e la memoria si costruiscono con la tenacia, non sono un dono della storia. Dobbiamo essere orgogliosi di un Paese che, nonostante tutto ciò che ha passato, è in piedi, è forte ed è capace di battersi per verità e memoria».

Si può arrivare a una verità condivisa da tutti? 
«La verità si costruisce nei fatti, nella storia e nelle coscienze, non con maggioranze, di destra o di sinistra».

Mambro, Fioravanti, Ciavardini condannati definitivamente per la strage, su Gilberto Cavallini è in corso il processo d’appello dopo l’ergastolo in primo grado. E ora si è aggiunto tra gli esecutori materiali un altro neofascista, Paolo Bellini, ergastolo in primo grado, che unisce più mondi: è da questa figura e dalle sue connessioni che può scaturire qualche novità?
«Guardiamo avanti. Se riuscissimo a riconoscere la tenacia degli uomini e delle donne, lo spirito di servizio di tanti servitori dello Stato, la disponibilità al sacrificio di un intero Paese, tutti fattori che ci hanno permesso di vincere, questo 2 agosto potrebbe essere celebrato proficuamente, continuando a cercare le verità che mancano con la stessa forza civile che ci ha portato a sconfiggere i progetti stragisti».

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