Pistoia, suicida a 20 anni nel nome di Satana. «Lo ha istigato il padre». Si impiccò in soffitta

La Procura ha presentato nei giorni scorsi la richiesta di rinvio a giudizio in quanto sarebbe stato lui, secondo gli inquirenti, a convincere il suo «primogenito serafino» a farla finita

Pistoia, suicida a 20 anni nel nome di Satana. «Lo ha istigato il padre». Si impiccò in soffitta
di Federica Zaniboni
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Martedì 31 Ottobre 2023, 06:17 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 08:08

La soffitta era diventata il loro mondo. Un luogo oscuro e lontano da tutti, dove padre e figlio si rintanavano per ore. Le pareti erano tappezzate di immagini del diavolo. Ovunque, nella stanza, vi erano statue demoniache. Ed è proprio lì, in quell'ambiente tanto sinistro e interamente dedicato all'occulto, che nel 2018 il figlio si è tolto la vita. Si è suicidato ad appena vent'anni, motivando il gesto attraverso un inquietante messaggio che lascia spazio a ben pochi dubbi. «Mio padre è Satana, mi ha dato il dono dell'immortalità», comunicava in una lunga lettera scritta a mano. «Quando mio padre mi disse se ero con lui, io risposi di sì. Gli chiesi perché morirò. Il perché è logico, mi devo sacrificare per lui. È colui che mi ha creato». A quasi sei anni dalla tragedia che ha sconvolto la comunità di Quarrata, in provincia di Pistoia, dove la famiglia viveva, il padre del giovane viene accusato del reato di istigazione al suicidio.

La Procura ha presentato nei giorni scorsi la richiesta di rinvio a giudizio in quanto sarebbe stato lui, secondo gli inquirenti, a convincere il suo «primogenito serafino» a farla finita.

Una decisione alla quale il figlio sarebbe arrivato dopo un lungo periodo di riti satanici, invocazione di demoni e conversazioni sulla morte avvenute con il padre proprio in quella maledetta soffitta. Stando a quanto emerso dalle indagini, dietro al suicidio vi sarebbe una vera e propria opera di «proselitismo familiare», nel quale seppur non ancora accertato potrebbe essere stato coinvolto anche l'altro figlio dell'uomo.

IL GESTO

Il gesto estremo risale al primo gennaio del 2018, non di certo un giorno qualsiasi per i seguaci di Satana, che a Capodanno celebrano il demone Ose. Non sarebbe casuale, inoltre, nemmeno la scelta di togliersi la vita proprio in soffitta, sotto il vigile sguardo del diavolo ritratto nelle varie immagini esposte sulle pareti. All'arrivo dei carabinieri e dei vigili del fuoco nell'abitazione, per il giovane non c'era già più niente da fare, e le indagini hanno preso il via immediatamente.
Secondo la ricostruzione di quanto accaduto, soltanto poche ore prima di uccidersi il ragazzo era andato a trovare il padre in carcere, allora detenuto per altri motivi. Gli investigatori non escludono che anche in quell'occasione i due possano avere parlato dell'argomento e che addirittura l'uomo possa avere dato un ultimo e definitivo incoraggiamento al giovane a compiere il gesto estremo. Per la Procura di Pistoia, infatti, il 20enne «sarebbe stato convinto di essere il figlio di Satana e che il sacrificio della sua esistenza lo avrebbe condotto verso l'immortalità», come si legge nella lettera scritta da lui stesso e trovata vicino al corpo. Le pratiche sataniche pare che fossero all'ordine del giorno in quella soffitta e sarebbe «in tale contesto di cultura e convinzioni sataniche» che è maturata «la convinzione di diventare immortale attraverso il sacrificio della propria vita e quindi si determinava il suicidio».

LE INDAGINI

Fin dall'inizio, gli accertamenti dei carabinieri di Quarrata si erano concentrati su quella strana lettera lasciata dal giovane e sull'inquietante arredamento della soffitta in cui era stato lasciato il corpo. Al termine delle indagini, però, la scorsa primavera la Procura aveva chiesto l'archiviazione del caso, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti a dimostrare la responsabilità del padre nel suicidio del ragazzo e portarlo a processo. La richiesta era stata respinta a quel punto dal giudice per le indagini preliminari, che aveva imposto al pubblico ministero di formulare quella del rinvio a giudizio. Secondo il gip, infatti, vi sarebbero gravi indizi a carico dell'uomo, il quale sarebbe stato ben consapevole di ciò che aveva intenzione di fare il figlio e tuttavia non avrebbe fatto nulla per dissuaderlo. Anzi, quell'ultimo colloquio in carcere potrebbe essere stato proprio il colpo finale.

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