Auto ibrida esplosa in tangenziale a Napoli, morta la ricercatrice Maria Vittoria Prati: ​si indaga per omicidio colposo

La ricercatrice del Cnr aveva 66 anni: cosa ha provocato lo scoppio della macchina? La Procura ha aperto un'inchiesta

Auto ibrida esplosa in tangenziale a Napoli, morta la ricercatrice Maria Vittoria Prati: si indaga per omicidio colposo
di Leandro Del Gaudio
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Martedì 27 Giugno 2023, 11:37 - Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 09:07

NAPOLI - Puntano ad acquisire tutte le informazioni utili del progetto che ha consentito la produzione dell’auto esplosa venerdì scorso. Vogliono leggere le carte legate alla creazione di un’auto ibrida, esplosa in tangenziale durante un probabile collaudo. Sono questi i target della Procura di Napoli, che indaga sull’esplosione della Polo ibrida creata come sfida green all’inquinamento, in uno scenario che ieri ha fatto registrare una brutta notizia: non ce l’ha fatta Maria Vittoria Prati, la 66enne ricercatrice del Cnr che era alla guida del veicolo. Aveva ustioni su tutto il corpo, verrà ricordata per la sua passione per la ricerca e per la dedizione al lavoro; restano critiche le condizioni dell’altro passeggero della Polo, parliamo di Fulvio Filace, laureando in Ingegneria e tirocinante presso lo stesso Cnr. Oggi il ricercatore verrà operato una seconda volta, per l’innesto di cute e la rimozione di eventuali punti necrotici.

Napoli, auto esplosa in tangenziale: morta Maria Vittoria Prati, la ricercatrice rimasta ferita nell'incidente

Incendio, omicidio e lesioni gravi colpose sono le ipotesi battute dal pm Manuela Persico, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte, si parte da alcune domande: cosa ha provocato lo scoppio dell’auto? Cosa contenevano le due bombole a bordo? Ma soprattutto: chi le ha montate? Ma andiamo con ordine, alla luce delle mosse possibili degli inquirenti (al lavoro i carabinieri del comando provinciale di Napoli): fascicolo aperto contro ignoti, al momento non risultano indagati, probabile la convocazione di tutti i soggetti che - per motivi istituzionali o legati alla ricerca - hanno avuto un ruolo nella realizzazione di un’auto ibrida, alimentata con fonti di energia alternativa.

In quest’ottica, è stato ascoltato dalla pg l’ideatore del progetto, il docente Gianfranco Rizzo, manager dell’azienda eProInn interessata alla realizzazione di questo tipo di vetture; verranno ascoltati gli altri amministratori di azienda o ricercatori che - tra Napoli e Salerno - hanno avuto modo di fornire un contributo nella definizione del prototipo finito in fiamme. Ieri pomeriggio, inoltre, è stato ascoltato come persona informata dei fatti anche un dirigente del Cnr. Altro ufficio in cui acquisire atti a Biella, dove alcuni mesi fa si sono svolti i primi test e dove è avvenuto il montaggio del gruppo propulsore.

 

Ma restiamo ai dati di fatto: la Polo esplosa venerdì era in fase di sperimentazione; sulla vettura c’erano apparecchiature aggiunte in un secondo momento. Lo ha confermato al Mattino lo stesso docente salernitano Rizzo, che ha spiegato l’ibrido costituito tra motore tradizionale, congegni elettronici, alimentatori con fonti energetiche green. Dunque: l’auto era stata già provata su strada. Ha percorso centinaia di chilometri, per svariate ore di viaggio, in particolare da Biella a Napoli, poi ad Agropoli, senza mai far registrare alcun intoppo. Ma cosa c’entrano le bombole a gas? Qui entriamo nel campo degli interventi successivi alla messa in strada del veicolo. È il riferimento al sistema “pems” (sistema portatile di misurazione delle emissioni), che prevede la presenza di bombole di gas e il serbatoio di gasolio. Da qui, la pista principale. Ma si tratta di ipotesi, che spingono gli inquirenti ad acquisire carte e informazioni in relazione alle tecniche di collaudo e alla ricerca finalizzata a valutare l’impatto ambientale del prototipo messo in strada. È un tema che sposta l’attenzione da Salerno a Napoli. O, più precisamente, dai laboratori di ricerca delle aziende private a quello del Cnr, dove operava il gruppo di lavoro della ricercatrice rimasta gravemente ferita venerdì pomeriggio. Un punto controverso, sul quale l’ideatore dell’auto ibrida non sembra avere dubbi: «Le bombole a gas non fanno parte dell’allestimento del prototipo, ma del sistema di misurazione delle emissioni - ha spiegato al Mattino nell’edizione di ieri -, che prevede anche il serbatoio di gasolio». Insomma: quelle bombole non c’erano nel viaggio da Biella a Napoli, non c’erano a Salerno, sono comparse a Napoli, come per altro previsto dalla legge, quando si tratta di fare un test e verificare l’impatto ambientale delle emissioni.

Un punto sul quale conviene attendere gli esiti dell’audit interno disposto in tempo reale dai vertici del Cnr, per compredere quale è stata la trafila legata all’ultimo viaggio della Polo che avrebbe dovuto rivoluzionare i trasporti su strada. Una viceda in cui è intervenuta anche l’università di Salerno, dove insegna il docente Rizzo, per rimarcare un dato che sembra abbastanza chiaro: l’estraneità dell’ateneo salernitano rispetto a quanto avvenuto vernerdì (a Salerno il sequestro di un’auto gemella a quella in fumo venerdì, ndr). Scrivono dall’università di Salerno: «Quell’auto non è di proprietà dell’Università degli studi di Salerno, né è stata affidata all’Università degli studi di Salerno per le prove su strada. L’Ateneo non è partner del progetto Life-Save (Solar Aided Vehicle Electrification), nell’ambito del quale è stato sviluppato il veicolo citato dagli organi di stampa. Gli studi condotti in passato all’Università di Salerno hanno contribuito alle conoscenze di base necessarie per lo sviluppo di veicoli ibridi solari, successivamente applicate con obiettivi industriali da aziende spin-off non partecipate dall’Ateneo e attualmente società commerciali autonome».

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