Incidente treno Brandizzo, la super testimone: «Dissi per tre volte che i lavori non dovevano cominciare»

Ascoltata dai pm la dirigente di movimento che ha ribadito: «Non dovevano cominciare»

Incidente treno Brandizzo, la super testimone: «L’ho detto per tre volte, i lavori non dovevano cominciare»
di Claudia Guasco
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Lunedì 4 Settembre 2023, 21:55 - Ultimo aggiornamento: 6 Settembre, 09:41

Due giorni dopo la strage sui binari, gli uomini della guardia di finanza si sono presentati negli uffici della Sigifer, la ditta di Borgo Vercelli alla quale era stata appaltata la sostituzione di dieci metri di binario subito dopo la stazione di Brandizzo. I cinque operai investiti mercoledì notte dal treno erano tutti dipendenti dell’impresa, così come il caposquadra Andrea Girardin Gibin che si è salvato buttandosi a lato, ora indagato con il referente di Rfi Antonio Massa. E nella mole di documenti cartacei e materiale informatico, c’è un aspetto sul quale si stanno concentrando gli investigatori: le mail tra Sigifer e Rfi e tutti i messaggi di posta elettronica (interni ed esterni), inerenti al cantiere di Brandizzo, alle operazioni da svolgere e la loro programmazione.

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Strage di Brandizzo, lavori in anticipo

Il primo obiettivo è ricostruire le procedure avviate nei giorni precedenti, poiché si trattava di un intervento pianificato, e gli accordi operativi tra la società e Rfi fino all’immediatezza dell’incidente. Ma anche capire se le modalità disinvolte con le quali gli addetti hanno aperto il cantiere, ben prima del passaggio dell’ultimo treno e senza il via libera della dirigente di movimento di Chivasso, fosse un’abitudine per non pagare le penali. Antonio Veneziano ha trascorso due anni in Sigifer e ieri è stato ascoltato come testimone dai pm della Procura di Ivrea, ai quali in sostanza ha ripetuto ciò che ha raccontato di aver visto nel cantieri della ditta: «Questo non è un lavoro qualunque, è pesantissimo, come le miniere. Magari doveva arrivare ancora l’ultimo treno, ma si diceva vabè, intanto mettiamoci a schiodare qualche Pandrol, qualche chiavardino». Il Pandrol è una sorta di grossa graffetta metallica che aggancia la base della rotaia alla piastra di fissaggio già montata sulla traversina, il chiavardino unisce le giunzioni dei binari. In sostanza, è quello che stavano facendo prima di mezzanotte del 30 agosto Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo e Giuseppe Aversa, le cinque vittime: «Avevano già cominciato a sbullonare», spiegano gli inquirenti. Nonostante la sala di controllo di Chivasso avesse messo in guardia Massa che la linea ferroviaria era aperta e i treni stavano ancora circolando. Lo «scorta ditta» di Rfi aveva in mano solo le ipotesi di finestre di lavoro, basate sugli orari previsti dei treni. Dalla centrale gli ripetono che avrà due spazi utili: tra il secondo e il terzo treno, oppure dopo il terzo. E ribadiscono: «State fermi». L’ultima chiamata registra lo schianto, la frenata, le grida. Le due successive solo le urla di Massa, il cui telefono è stato sequestrato. Ieri pomeriggio la Procura ha convocato la dirigente di movimento, uno dei testimoni chiave dell’inchiesta.

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Il fonogramma

Le sue conversazioni con il referente di Rfi scandiscono i tempi della tragedia e a suggellare l’irritualità delle procedure con le quali si sono svolti i lavori quella notte è l’assenza di comunicazioni scritte (obbligatorie) tra il cantiere e la sala di controllo di Chivasso. Tra le carte acquisite dai magistrati manca infatti un modulo indispensabile: il cosiddetto M.40, o fonogramma. Il regolamento prevede infatti che, in caso di sospensione programmata del traffico ferroviario, alla stazione designata debba arrivare il seguente dispaccio: «Confermata interruzione linea tra... e... come da programma numero... del...». Massa avrebbe dovuto compilarlo inserendo il percorso, numero di protocollo e data, firmarlo e spedirlo alla stazione ricevente, che a sua volta avrebbe risposto con il seguente fonogramma controfirmato: «Confermo interruzione linea, con inizio dopo transito treno del...», oppure indicando la fascia oraria. Questo passaggio è saltato del tutto, non c’è stato scambio di moduli ma solo le telefonate dello «scorta ditta» alla dirigente. La quale davanti ai pm, che indagano per omicidio e disastro ferroviario con dolo eventuale, ha ribadito: «L’ho detto per tre volte, i lavori non dovevano cominciare perché era previsto il passaggio di un treno». Da capire anche se in quel tratto fosse operativo il cdb, un meccanismo di sensori che segnala la presenza di treni e personale sui binari.

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Domani l'audizione

Domani si svolgerà l’audizione di Antonino Laganà, fratello di Kevin: lavoravano insieme alla Sigifer. Da palazzo di giustizia è uscito abbracciato al papà e indossando una maglietta con il volto del fratello. Le famiglie dei cinque operai deceduti sono state invitate a fornire elementi che possano portare al riconoscimento dei corpi. Tatuaggi, arcate dentarie, qualunque dettaglio è prezioso per ricomporre i resti. Mentre a Vercelli duemila persone hanno sfilato silenziosamente in centro per commemorare le vittime.
 

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