Noi, domatori come Weber: «Pochi soldi, molto odio. Ma amiamo i nostri animali»»

Noi, domatori come Weber: «Pochi soldi, molto odio. Ma amiamo i nostri animali»»
di Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Sabato 6 Luglio 2019, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 09:38

Sveglia presto, un lavoro pericoloso che tiene impegnati tutta la giornata e una fitta rete di odio social (e non solo). Oggi la vita del domatore di leoni o di tigri non può dirsi facile eppure - al netto della crisi di incassi che ha colpito i circhi - in Italia la professione sopravvive. È una «questione di amore» per il rapporto instaurato con l'animale giurano alcuni. È solo una «questione di soldi» dicono invece i loro detrattori. Il giorno dopo la morte di Ettore Weber, il 61enne sbranato dalle sue tigri nel circo Orfei, il domatore esce dall'essere una figurina di alcuni film o un protagonista di certi pomeriggi da bambini, e torna prepotentemente nella realtà mentre la procura sta indagando su cosa sia successo davvero sulle piste del tendone in provincia di Bari.

Domatore del circo Orfei ucciso da una tigre: choc durante le prove
 



I COSTI
A riascoltare le parole del circense Sonny Caroli in un'intervista di qualche tempo fa, effettivamente però viene il dubbio che non si tratti di un impiego molto remunerativo. Il Gladiatore, come il 29enne si fa chiamare durante gli spettacoli da domatore di leoni, sosteneva sì di guadagnare 3.500 euro al mese ma anche di spenderne almeno 2.000 per prendersi cura dei suoi animali. E considerando che un leone mangia 14 kg di carne al giorno la stima potrebbe non essere distante dalla realtà.
«Il domatore non si può fare per mestiere, per guadagno» ha detto Giordano Caveagna, che da anni per il circo Nando Orfei si esibisce come clown, addestratore di cavalli e come domatore di tigri. Una «vera e propria passione» dicono, che li espone anche a una serie di pericoli evidenti («Ma come artisti hanno una posizione previdenziale e infortunistica» sottolinea l'Ente Nazionale Circhi) e a molti sacrifici quotidiani.

STRUMENTI
Non solo per preparare gli animali alle trasferte ma soprattutto per ammaestrarli. «Si usa carattere, bacchette di plastica e bocconcini» sostiene il Gladiatore; «Servono carne e tanta pazienza» dice invece Caveagna, che aggiunge anche di non usare alcuna pratica violenta («non ha senso usare bastoni o gridare»). Niente frusta insomma, quella la si usa «solo quando ti vogliono mangiare, per fargli capire che non è il caso» spiega Caroli «e ad ogni modo è più il rumore a funzionare che non altro». Il tutto poi è ulteriormente complicato dalla crisi generale del circo - «sfavorito dal sistema culturale e politico» dice l'Enc - e dall'ondata animalista che sui social network non risparmia davvero nessuno.

PROPOSTE
Antonio Buccioni, presidente proprio dell'Enc, dopo la morte di Weber ha parlato di «giornata di sciacalli sui social, pronti a insultare chiunque e a non rispettare neppure chi è morto». Sottolineando che si tratterebbe «di un incidente sul lavoro» e che, aldilà delle polemiche, «sono episodi sporadici, molto meno frequenti delle morti causate dagli animali domestici». In pratica quello del domatore sembrerebbe essere un lavoro come un altro: pericoloso sì, ma non per gli animali.
Una ricostruzione con cui non sembrerebbero d'accordo né l'opinione pubblica italiana, né il Governo (il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli sta lavorando a una legge delega per portare «gli animali fuori dai circhi») né tantomeno alcuni ex domatori. Nel 2018 André-Joseph Bouglione ad esempio, erede della più celebre dinastia di circensi di Francia, in un suo libro ha denunciato che gli animali vengono ammaestrati «a scudisciate e sottomessi a logiche contro natura» a causa di domatori «che usano la violenza invece del talento». Un'idea arriva dal circo Roncalli, che in Germania ha deciso di presentare un curioso spettacolo in cui elefanti e cavalli sono stati utilizzati soltanto sotto forma di ologrammi. Proiettati in 3D direttamente al centro dell'arena.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA