Nel giorno della pronuncia della Cassazione Martina era tra i detenuti della scuola di formazione "Libera scuola di cucina", che hanno offerto un aperitivo ai partecipanti alla proiezione di "Attila" che inaugura la stagione scaligera alla rotonda del carcere di San Vittore. «Non sono riuscita a vedere l'opera, purtroppo, ero impegnata a preparare i tavoli», ha detto la ragazza, spiegando di avere imparato a cucinare in carcere, dove sta portando a compimento anche gli studi magistrali in Economia. La Suprema Corte ha condiviso le conclusioni del sostituto procuratore generale Luigi Birritteri, che nella requisitoria aveva chiesto di far cadere il reato associativo riformulando di conseguenza la pena.
Secondo il pg nell'accusa c'era un'incongruenza: «Il piano era quello di depurare Martina Levato da precedenti contatti amorosi», un «piano criminoso determinato», pur nella «indeterminatezza del numero di persone da colpire». Per questo motivo, si tratterebbe di concorso in reato continuato e non di associazione. È l'unico sconto di pena concesso. «Il rapporto malato di dominazione di Alexander Boettcher su Martina Levato non ha alcuna incidenza sull'intensità del dolo», ha precisato Birritteri.
Tra le altre cose, la difesa contestava «l'erronea valutazione degli elementi di prova» relativi al caso di Stefano Savi. Un episodio per il quale manca la confessione. Il pg ritiene che la ricostruzione proposta dalla difesa, che attribuisce la responsabilità a un terzo, sia «fantasiosa e illogica». Per l'aggressione di Barbini, Boettcher era già stato condannato un anno fa in via definitiva a 14 anni.
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