Sel a un passo dalla scissione: quattro deputati se ne vanno, altri pronti a lasciare

Migliore e Vendola
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Giovedì 19 Giugno 2014, 19:16 - Ultimo aggiornamento: 20 Giugno, 07:53
Sel spaccata e vicino alla scissione. Quattro deputati, Titti Di Salvo, Ileana Piazzoni, Claudio Fava e Gennaro Migliore, hanno comunicato oggi al presidente del partito Nichi Vendola e al coordinatore nazionale Nicola Fratoianni la decisione irrevocabile di lasciare il partito.



«Per ora siamo in 4 dimissionari». Per ora perché «ci sono persone che stanno riflettendo» su cosa fare. Così Migliore ha risposto alle domande dei giornalisti sulla fuoriuscita di quattro deputati da Sel. Migliore ha aggiunto: «È una strada diversa, penso che ciascuno abbia la necessità di sperimentare la sua strada e noi lo faremo con coerenza e con portato della nostra storia».



«Credo che quando la rappresentanza istituzionale di Sel si spacca in maniera così plateale, è una comunità sicuramente ferita», ha detto il leader di Sel, Nichi Vendola, al termine della segreteria nazionale del partito. «Ai compagni e alle compagne che vanno via facciamo gli auguri, speriamo non continui il tempo delle contumelie e delle rappresentazioni caricaturali», ha aggiunto. «Per Sel oggi è il giorno più difficile, sono molto dispiaciuto e dico a coloro che abbandonano che è un errore politico».



«Il mio ruolo di leader è da sempre a disposizione, per me si tratta di una fatica supplementare» rispetto a quella di essere presidente della regione Puglia, ha poi risposto Vendola a chi gli chiede se si dimetterà.



«L'oggetto della contesa sviluppata negli ultimi mesi ha a che fare su ciò che debba essere la sinistra in questo paese, anche nei confronti di un governo che ha un premier dotato di una straordinaria narrazione e di capacità di consenso. Noi siamo una forza di sinistra e non vogliamo smarrire la bussola. Immaginare che questa bussola possa portare a sostenere il governo Renzi è uno sbandamento, è andare fuori strada», ha sottolineato ancora Vendola, ribadendo che la posizione di Sel resta di opposizione al governo Renzi.



La decisione di lasciare per Migliore, raccontano, è maturata nella notte e oggi nella tarda mattinata la lettera di addio a Sel era già pronta. Migliroe non dovrebbe entrare almeno per il momento nel Pd, secondo quanto riferiscono all'Adnkronos fonti del Nazareno. Ma la direzione è chiaramente quella.



Ieri sera l'ex-capogruppo ha incontrato il

vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, e Francesco Bonifazi, tesoriere dem. Una chiacchierata a quattr'occhi, dopo la giornata ad altissima tensione culminata con le dimissioni, accettate da Vendola, da capogruppo di Sel.



Ora l'addio di Migliore e degli altri tre deputati Sel potrebbe provocare un effetto domino. A Montecitorio si parla di 10-13 parlamentari pronti a seguirlo e uscire dal gruppo. Un vero e proprio smottamento contando che i deputati di Sel, al netto dei due passati al Pd, sono 34. Insomma, quasi un terzo del gruppo parlamentare potrebbe lasciare.



Insomma, la scissione è ormai in atto. Arrivando alla riunione della segreteria, del resto, lo stesso Vendola aveva lasciato intendere che la frattura era ormai insanabile: «Io spero Gennaro Migliore continui la sua battaglia in Sel perché tra noi c'è libertà di dissenso, e possibilità di capovolgere la linea politica. Ma - ha ribadito il leader di Sel - la linea politica è emersa dal congresso nazionale e dice che noi siamo opposizione al governo delle larghe-piccole intese».



«Le mie posizione sono ormai incompatibili con l'appartenenza al nostro partito», dice Migliore nella lettera a Vendola con cui comunica l'addio a Sel. «Mi fermo prima. Prima che qualcuno mi chieda improbabili "riallineamenti" (come se si potesse

riallineare un pensiero, un'idea, come qualche rappresentante del gruppo dirigente ha ventilato e non semplicemente constatare la lealtà che ho sempre manifestato in ogni organizzazione in cui ho militato)».



«Prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea. Perciò rassegno le mie dimissioni irrevocabili dal coordinamento nazionale, da tutti gli organismi in cui sono stato eletto e dal partito stesso», scrive Migliore e spiega: «Ieri è stata messa in discussione, di fatto, non l'espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica: il "sequestro della linea", appunto. Per me si è rotto ieri - spiega Migliore - un vincolo di fiducia e quindi ho definitivamente compreso quanto sarebbe stata "inagibile" una posizione politica dentro il mio

partito se essa fosse stata continuamente letta alla luce di una profezia che si autoavvera. Non è giusto che tale fibrillazione permanente disorienti i militanti, che sono la prima risorsa di Sel, e nel corpo largo del partito. Non è nemmeno giusto che la mia posizione venga descritta da alcuni come quella di un sabotatore».



«Dimissioni irrevocabili da Sel», anche per Fava che in una lettera a Vendola parla di una scelta «dolorosa e insieme inderogabile». «La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo. Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario».



«Una marginalità - sottolinea Fava - che ci rende inadeguati rispetto all'ambizione che c'eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile. Sono venute meno le condizioni per continuare questa strada insieme».



«Permettimi solo di chiarire, anticipando il florilegio di interpretazioni che questa decisione raccoglierà, che questa non è una scorciatoia verso altri partiti. La differenza che tu proponi oggi sui giornali tra "renziani" e "non renziani" è una semplificazione ingenerosa e grossolana. La scelta, per me, non è tra la rassegnazione a una deriva minoritaria in cui non mi riconosco più e l'adesione a un'altra forza politica: esiste anche il primato della propria coerenza e soprattutto della propria autonomia. Senza alcuna subalternità nei confronti di nessuno», conclude Fava.