"Il Festival di Dubai crocevia del cinema
e della cultura del mondo intero"

Abdulhamid Juma, presidente del Festival Internazionale di Dubai
di Gloria Satta
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Giovedì 12 Dicembre 2013, 15:29
Con tanti applausi al film indiano”The Lanchbox” e un red carpet coloratissimo, prosegue la decima edizione del Festival Internazionale di Dubai . Si chiuderà sabato 14 con l’attesa anteprima del film “American Hustle” di David O. Russel dopo aver mostrato il meglio del cinema arabo contemporaneo, molti titoli internazionali di richiamo e aver organizzato convegni, workshop, tavole rotonde e confronti.

Abdulhamid Juma, il carismatico presidente del Festival, ha spiegato al messaggero.it le stretegie e i progetti del Festival che, con il suo mercato in continua crescita, è una realtà sempre più di primo piano non solo nel mondo arabo.

Qual è stata la sfida più grande di questa edizione?

“Essere all’altezza delle aspettative generali. Quest’anno si celebrano i dieci anni del Festival e abbiamo avvertito una grande pressione. Non solo da parte degli Emirati, ma anche del pubblico e dei media del mondo intero. Dubai è una realtà molto ambiziosa ed è abituata a sognare in grande, da noi ci si aspetta il meglio”.

E su cosa avete puntato?

“A volte si cerca la soluzione in cima alla montagna senza vedere che l’abbiamo in tasca…Così, per festeggiare i nostri dieci anni, siamo tornati per così dire a casa: abbiamo deciso di puntare i riflettori sul cinema arabo, senza dimenticare i migliori film del resto del mondo. Abbiamo ottenuto un buon mix, simboleggiato dal film palestinese Omar che ha aperto il Festival e da American Hustle che lo chiude”.

E come sta il cinema arabo?

“E’ difficile comprendere sotto un’unica definizione il cinema prodotto da 22 paesi, a loro volta suddivisi in regioni. Il mondo identifica il cinema arabo con quello egiziano, il più antico di tutti, ma fanno film interessanti anche la Giordania, la Siria, i sei paesi del Golfo, quelli del Nord Africa. La sfida è farli distribuire e non soltanto nei paesi d’origine: ovunque gli esercenti reclamano film hollywodiani”.

Qual è il budget del vostro Festival?

“Preferisco non parlare di cifre. Tutti pensano che nel Golfo siamo ricchissimi, spendiamo senza limiti e strapaghiamo le star per farle venire a fare la passerella. Non è così. Qui non vogliamo lo show: è un vero Festival e costa quanto gli altri nel resto del mondo. Abbiamo gli sponsor giusti e sappiamo far quadrare i conti. Non a caso io vengo dal mondo delle banche…”.

Gli altri festival vi forniscono l’ispirazione?

“Li frequentiamo tutti: Toronto, Cannes, Venezia ma non vogliamo copiare nessuno. Facciamo la rassegna che più somiglia alla nostra cultura, al nostro background”.

Cosa progettate in vista dell’Expo 2020 che si terrà proprio a Dubai?

“Abbiamo già cominciato a lavorare per potenziare il festival e fare della nostra città il punto d’incontro della creatività e della cultura mondiale. Daremo il massimo”.

Conosce il cinema italiano?

“Si, e lo considero una magnifica espressione culturale. Non ha svenduto la sua anima artistica al business e noi lo ammiriamo proprio per questo”.

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