Lazio, Lotito: la società resterà mia per sempre

Claudio Lotito negli studi di Messaggero Tv
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Sabato 5 Ottobre 2013, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 10:42

a cura di Alessadro Angeloni, Roberto Avantaggiato, Gabriele De Bari e Carlo Santi

Presidente, manager, allenatore, antesignano, odiato, amato: Claudio Lotito tutto questo. Un vulcano che esplode quando, al telefono, il segretario, gli comunica la squalifica dell’Olimpico per cori razzisti nella partita di Europa League, contro il Legia Varsavia. «Uno scandalo, così non si può andare avanti. Paghiamo per colpa di pochi e non è giusto. Anche quest’anno ci hanno messo nel mirino, farempo ricorso».

Ma chi glielo fa fare a restare presidente?

«Quando presi la Lazio accettai una sfida, mi diedero del pazzo che pagava per acquistare dei debiti. Però la sfida l’ho vinta, risanando il club e portandolo ai vertici».

Gestendo la Lazio ci ha rimesso o guadagnato?

«Ci ho rimesso tanti e tanti soldi. Nel 2004, per entrare in possesso del ventuno per cento delle azioni, versai venticinque milioni. Poi, per arrivare al settanta, ci vollero altri cento milioni. Così divenni presidente di una società che aveva 1.070 milioni di euro, ho dimostrato nel tempo che le mie idee imprenditoriali di gestire il calcio erano giuste».

Quanto vale oggi la Lazio?

«Non ho mai pensato a una valutazione, del resto non ho pensato neppure di venderla, e mai la venderò. Sono un combattente, non un reduce, e vado avanti senza problemi. Il sogno è quello di lasciarla, un giorno, a mio figlio».

Come spiega le critiche e gli insulti di molti tifosi?

«La gente deve capire che la società è mia, non di tutti, perciò la gestisco come meglio credo. Non esiste il tifoso come professione, solo il patrimonio storico è di tutti».

Qual è la critica che le dà maggiormente fastidio?

«Quelle che toccano la mia famiglia».

Qualcuno pensa che sia un tifoso romanista...

«Storia, tifo Lazio dall’età di sei anni».

L’accusano di non aver dato spazio in società a nessuno dei grandi personaggi amati dal popolo laziale.

«La qualità degli uomini non è legata alla loro storia sportiva. Bisogna essere degli esempi anche nella vita».

Perché si ritiene uno dei presidenti più bravi?

«Perché sono avanti di cinque-dieci anni. Adesso in Lega l’hanno capito e mi ascoltano in silenzio, anche per questo il "peso" della Lazio è cresciuto».

Ma Agnelli ha criticato la gestione della Lega...

«Lui deve venire in Lega a parlare».

Non le dispiace non essere amato?

«Io rispondo con i risultati. La società gestisce un fatturato di novanta-cento milioni, un terzo rispetto ad altri club. Con questo tipo di disponibilità economica, credo che avrei ottenuto risultati ancora più importanti».

Allora perché continua a rifiutare i soldi di possibili sponsor?

«Preferisco dare lo spazio a iniziative benefiche, che svalutare il marchio».

È vero che dopo la Supercoppa ha criticato Petkovic?

«Ho espresso le mie idee sulla partita, così come è nelle facoltà di un presidente. Quello che fa un tecnico non è sempre vangelo, tutti possono commettere degli errori. Ma questo non va ad intaccare né il rapporto, né il rispetto dei ruoli».

La stima verso l’allenatore è rimasta intatta?

«Assolutamente. Ogni decisione è stata sempre presa di comune accordo tra me, Petkovic e Tare. Adesso anche il tecnico, potendo finalmente far giocare anche gli acquisti, si sta rendendo conto del valore di questo organico».

Ha speso ventotto milioni senza risolvere i problemi di difesa e attacco.

«E chi lo dice?»

Lo dicono alcuni errori marchiani commessi in difesa.

«Sbagliate nel dare giudizi definitivi su giovani che hanno giocato poche partite, ragazzi che hanno cambiato completamente abitudini di vita e di allenamenti. Date loro tempo e vedrete».

Ma davvero ritiene Novaretti un rinforzo?

«Certamente. Prima di tutto bisogna dire che è arrivato a parametro zero, poi che ha grandi qualità fisiche».

Ma lei lo conosceva?

«Sì, lo avevo visto in alcuni video. Abbiamo osservatori in giro per il mondo, poi valutiamo con il direttore sportivo i nomi che ci vengono segnalati e decidiamo».

Ritiene tutti gli acquisti funzionali alla squadra?

«Nessun dubbio. I fatti mi daranno ragione, così come è capitato con Klose, Lulic, Candreva, Gonzalez. Quando faccio delle scelte, le difendo sempre».

Crede anche nei giovani acquistati?

«Moltissimo. Vinicius diventerà il nuovo Kolarov, gli altri campioni nel giro di un anno. Nella passata stagione molti si lamentavano perché la squadra era vecchia e perché mancavano le alternative. Ho ringiovanito la rosa e acquistato sostituti all’altezza, però la gente è comunque scontenta».

Hernanes stenta a trovare la continuità che dimostra in nazionale.

«Magari lo penalizza il modulo. Ad ogni modo, ho detto a Petkovic è di far giocare quelli che stanno meglio, senza guardare in faccia a nessuno».

Sempre convinto di aver fatto bene a non ingaggiare Yilmaz?

«Sì, perché avrebbe creato problemi nello spogliatoio. Ma l’acquisto è saltato per un tentativo di estorsione da parte del procuratore, che pretendeva una cifra fuori dal mondo. Io continuo a credere nei nostri attaccanti: visto Floccari?»

Il calciatore che l’ha maggiormente delusa?

«Zarate, l’investimento più caro, pagato ventidue milioni».

A gennaio, se i risultati non dovessero arrivare, farà qualcosa sul mercato?

«Farò le cose che serviranno».

Che piazzamento prevede per la Lazio?

«Non lo so, siamo dietro i grandi club: Juventus, Inter, Napoli, Milan, che hanno organici superiori».

Non ha citato la Roma...

«Vedremo se terrà fino in fondo».

La Roma ha già individuato l’area e pensa allo stadio.

«Ci penso anch’io, del resto ho un’area mia. Però, se non faranno la legge, passerà ancora tanto tempo per tutti».

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