Lazio-Atalanta, Petkovic può scegliere: ha tanti attaccanti

Vladimir Petkovic
di Alberto Abbate
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Mercoledì 16 Ottobre 2013, 15:46
Un giorno all’improvviso. Ieri, per l’esattezza, Petkovic ha ritrovato l’abbondanza in attacco: toh, riecco Klose, scalcia persino il pallone, come se i punti si fossero congelati e lui scaldasse gi un posto per Bergamo. Il sopracciglio di Floccari a Formello s'aggrotta: doveva essere la sua chance – dopo le panchine contro Trabzonspor e Fiorentina – ma la resurrezione di Miro gli mette ansia. Meno male che Petkovic sorride: alla Caritas andava in cerca di mobili da recuperare e piazzare, qui si diverte a farlo con i suoi centravanti. Uno ne gioca, tutti sgomitano. E, alla fine, nel nuovo 4-3-3 qualche angolino in più si trova. Ci sono cinque personaggi in cerca di un posto.



FLOCCARI COL FIATO DI KLOSE

Immerge il cattivo presagio in un'acquasantiera, Floccari. Ieri pregava contro la rivelazione di Klose: piede destro quasi guarito, il panzer corricchiava in partitella. Pian piano, per carità, ma il suo trotto crea uno scompenso emozionale. Era in forte dubbio per Bergamo, il tedesco, almeno si accomoderà in panchina. È l'augurio di Floccari, che nel sudore dell'ultima settimana (la doppietta contro l'Aprilia) assaporava già la sua sfida certa da ex. Con l'Atalanta è esploso, l'attaccante di Nicotera, a Bergamo vuole risorgere da titolare. Sul Mar Nero aveva salvato la Lazio da una figuraccia europea, a partita in corsa. I due gol col Trabzonspor non avevano però centrato il cuore di Petkovic, già pazzo di Perea. Sorriso spezzato anche contro la Fiorentina, Floccari adesso non ci sta: il suo spazio è striminzito, si sta già guardando intorno. E a giugno – è in scadenza – potrebbe salutare. Proprio a braccetto con Klose.



PEREA E KEITA CRESCONO

Il futuro è adesso, cammina leggiadro per via Condotti: erano lì, Perea e Keita, lunedì sera. Abbagliati dalle luci del centro, vogliono impadronirsi di Roma, della Lazio. Giovani, intraprendenti e sfrontati, mica bamboccioni ai margini. Brayan, non lo conosceva ancora nessuno, adesso è provetto aiutante: lavora per la squadra, può agire da ala, è duttile e flessibile. Petkovic s'è invaghito e lo coccola. Usa invece bastone e carota con quel monello di Keita, gestisce la sua esuberanza. Immarcabile da quella notte di mezz'estate in cui Diao alzava al cielo lo scudetto Primavera: l'Atalanta è anche nel suo destino, il 10 giugno scorso Keita l'asfaltava sulla fascia insieme all'amico Tounkara. E chissà non possa essere un segno quella caviglia malconcia di Ederson: ieri a Formello, in realtà, Honorato la ruotava come un ballerino.



RAZZISMO: QUESTIONE DI FAMA

Quanta fame per il pranzo di Bergamo. Otto gare (dal 2010) disputate dalla Lazio alle 12.30: 5 vittorie e 3 sconfitte indigeste, mai un pari. Il risultato invece più volte centrato dai biancocelesti in trasferta nel 2013. Non vincono dall'8 maggio, a Milano con l'Inter, unico successo dell'anno. Una big non può permetterselo: «La Lazio rimane una delle più forti del campionato», giura però Stendardo. Cuore di ex, difende i laziali: «Dobbiamo distinguere tra razzismo e goliardia. E rivedere la responsabilità oggettiva, perché non si può penalizzare una tifoseria intera per i cori di pochi».



Figuriamoci per una pessima fama: «Il problema della Lazio è che in Europa si è fatta la reputazione di una società che viene associata alla destra dai tempi Di Canio», rivela a Biancolcelesti.org il direttore esecutivo di FARE, Piara Powar, l'organizzazione che ha segnalato i cori contro il Legia Varsavia. «Ci sono anche i precedenti della stagione passata a Londra, contro il Tottenham, gli atti di antisemitismo e il famoso blitz di Campo De’ Fiori. FARE ha comunque solo un progetto di collaborazione con la Uefa, non ha deciso la chiusura dell'Olimpico». Stracolmo contro Cagliari (oltre 11mila biglietti venduti) e Genoa. Merito dei prezzi stracciati, la gente ha ancora voglia di stadio.
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