L'uscita di Silvio dalla porta secondaria

Berlusconi
di Piero Mei
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Domenica 13 Novembre 2011, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 14 Novembre, 08:52
La lunga, c’ chi dice troppo, marcia del Cavaliere cominci proponendosi a una telecamera vestita con una calza di nylon, un trucco per scaldare la luce e velare anche qualche ruga da quasi sessantenne, che non era una colpa. Ed è finita uscendo da una porta secondaria, un trucco per raffreddare la luce che veniva dalla piazza e non per nascondere le rughe che miracolosamente non ci sono più, perché non si può fermare il tempo ma i suoi segni sì, rischiando di scivolare nel patetico. Saranno gli storici a giudicare, dicono quelli che parlano bene e che spesso affrontano ogni tema e problema con il ben altro che c’è. E c’è davvero ben altro: la crisi che morde; lo spread parola nuova che è nel vocabolario delle nostre angosce quotidiane in attesa di essere promossa tra quelle che ingrossano l’italiano; Sarkozy e la Merkel che, almeno quando si tratta di scaricare il costo sugli altri, vanno d’accordo come i fidanzatini di Peynet. Di nuovo c’è, per chi conosce Roma e quindi la ama, che la piazza, fisicamente intesa, non era né la triste memoria di Piazza Venezia, né quella delle grandi assemblee popolari e sonanti che sono la Piazza del Popolo o San Giovanni, né Montecitorio o Piazza Colonna sulla quale affaccia Palazzo Chigi, cioè il teatro preferito delle contestazioni a questa politica dissociata dalla società civile. Era la Piazza del Quirinale, una new entry nel sentimento popolare degli ultimi settant’anni, ed era un sentimento di approvazione. Rabbiosa e insieme allegra era la piazza.
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