«Dopo la significativa esperienza di Per non morire di mafia - dice il regista - una nuova avventura teatrale che, in uno scenario politico e sociale sempre più disorientante, mette al centro un confronto vero e reale sulla Storia in cui la parola teatrale diventa strumento di indagine e comprensione». Il palcoscenico, quindi, si fa agorà - spazio di formazione e riflessione - che raccoglie esperienze e pensieri per diffonderne l’essenza. «Il dialogo tra generazioni diventa l’asse attorno a cui ruota la scrittura scenica. Il dovere che Pietro Grasso si dà è quello di passare la storia, di farla conoscere ai giovani. E l’immagine di partenza è quella di un Silenzio che parli, opposto a quel silenzio omertoso che vogliamo cancellare». La mafia assume quindi prima la forma di fenomeno esterno per poi rivelarsi una condizione interiore dell’uomo, una reazione a problematiche sociali, «una mafia che nasce in ognuno quando il dialogo con i propri valori non è aperto e leale».
La presenza della donna si definisce, invece, come rappresentazione della cultura dell’amore in opposizione a quella del sangue. «La donna - conclude il regista - si pone accanto all’uomo come educatrice». Al Teatro San Nicolò. Il 5 luglio alle 17.30, il 6 e il 7 luglio alle 18.
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