Serena Mollicone, il mistero della porta rotta: «Non è l'arma del delitto»

Serena Mollicone, il mistero della porta rotta: «Non è l'arma del delitto»
di Vincenzo Caramadre
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Lunedì 13 Febbraio 2023, 15:47

Una banale storia condominiale o se si vuole un escamotage per evitare che il proprietario dell'immobile avviasse una richiesta di risarcimento danni. Questo secondo i giudici ci sarebbe dietro il "mistero" della porta rotta, la prova più importante per l'accusa perché ritenuta la presunta arma del delitto di Serena Mollicone. Tesi a cui i giudici non hanno creduto come spiegano nelle motivazioni dell'assoluzione dei cinque imputati, tra i quali l'appuntato Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento perché secondo i pm avrebbe spostato la porta rotta, da un alloggio sfitto a quello assegnatogli per servizio, per coprire il suo superiore, il maresciallo Franco Mottola. Fu lo stesso Suprano a riconsegnarla agli inquirenti nel 2008. La centralità della porta c'è oggi nelle motivazioni, ma c'era in precedenza nella fase di riapertura delle indagini, perché la procura ha sempre sostenuto che la ragazza, nel corso di un litigio con Marco Mottola (figlio dell'allora comandante della stazione di Arce), sia stata sbattuta contro la porta che era presente in un alloggio sfitto della caserma.
La porta ha avuto talmente centralità nelle indagini che ha spinto la procura, nel marzo del 2016, a riesumare la salma di Serena per comparare quel segno di rottura sul legno con la lesione riscontrata sull'arcata sopracciliare sinistra della ragazza. Una storia diversa, una ricostruzione più semplice, quella scritta in sentenza. Non solo la porta non è stata individuata quale arma del delitto per mancati riscontri «merceologici e genetici», ma Suprano l'avrebbe spostata nel suo alloggio per evitare che proprietario dell'immobile chiedesse i danni per il danneggiamento avvenuto all'interno di un alloggio che non rientrava nell'affitto, ma che veniva comunque utilizzato.
IL GIUDICE
«Si deve ritenere - scrive il giudice - che l'appartamento a trattativa privata (teatro dell'omicidio per l'accusa, ndr), sia stato liberato tra il 2004 e il 2005», un periodo antecedente la riapertura delle indagini sull'omicidio. «Il fatto che tale porta - si legge in sentenza- sia stata spostata da Suprano a fine 2004, in un periodo in cui secondo quanto riferito da Evangelista (il comandante della stazione dei carabinieri succeduto a Mottola, ndr), i rapporti tra i citati militari erano sereni e non erano in corso indagini sull'omicidio di Serena che coinvolgessero la stazione di Arce, rende più difficilmente comprensibile la finalità di Suprano di spostare la porta per occultarla ai fini delle indagini». Aggiunge il giudice: «Lo stesso Suprano ha dichiarato di averla spostata in quanto temeva una richiesta di risarcimento del danno da parte del proprietario». Un particolare, quello legato alla porta, sottolineato nelle ultime ore anche dai difensori di Suprano, gli avvocati Cinzia Mancini ed Emiliano Germani: «I giudici con grande precisione spiegano che Suprano, contrariamente alla ricostruzione dell'accusa, è estraneo al paventato occultamento della porta, considerata, sempre nell'ipotesi accusatoria, l'arma del delitto. Ciò sia per ragioni temporali e logiche, sia per conferma dei testimoni, che per spiegazioni rese in tal senso dal Suprano, ben conosciute agli inquirenti».
L'appuntato Francesco Suprano «non ha reso dichiarazioni false, né taciuto quanto a sua conoscenza». Questa altra conclusione dei giudici della corte d'assise. I difensori del militare hanno messo in risalto anche l'aspetto legato all'ordine di servizio. «Quanto alla presunta falsità dell'ordine di servizio numero 2 del 01/06/2001, paventata dalla accusa - spiegano -,non solo non può ritenersi provata la falsità, ma in senso opposto, dalle risultanze dibattimentali è emersa la veridicità dello stesso, attraverso le dichiarazioni testimoniali, ulteriormente riscontrate dai tabulati telefonici, che dimostrano l'assenza di telefonate in entrata ed in uscita nella fascia oraria di svolgimento del servizio di pattuglia esterno».
Intanto la procura lavora all'appello ed ha applicato al caso in via esclusiva il pm Siravo.
 

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