Casermone, come funzionava
il "supermarket" della droga
Tutti i nomi degli arrestati

Un momento dell'operazione
di Pierfederico Pernarella
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Giovedì 8 Dicembre 2016, 20:25 - Ultimo aggiornamento: 20:29
Questa volta i fuochi di artificio, il segnale che l’organizzazione utilizzava per avvertire dell’arrivo della droga in città, li hanno “sparati” le forze dell’ordine. Alle primissime ore di mercoledì, prima dell’alba, quando sono entrati in azione 350 uomini tra carabinieri e agenti di polizia, con elicotteri e unità cinofile, nell’ambito dell’operazione “Fireworks” (fuochi d’artificio, appunto). L’inchiesta, che rappresenta una prosecuzione dell’operazione “Intoccabili”, ha smantellato un’associazione criminale che aveva trasformato una palazzina del complesso di edilizia pubblica di viale Spagna, noto come “ Casermone”, in un vero e proprio fortino della droga, sul modello di Scampia. Quando polizia e carabinieri hanno fatto irruzione, tra le 3 e le 4 del mattino, le attività di spaccio erano ancora in corso. Agenti e militari hanno dato esecuzione a 52 misure cautelari: 16 in carcere, 27 ai domiciliari, 9 tra obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, divieti espatrio o dimora. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip Pierandrea Valchera su richiesta del sostituto procuratore Adolfo Coletta. 
Nei confronti di arrestati e indagati sono stati ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, spaccio di droga, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio. Dalle indagini, infatti, è ermerso che Gerardo e Mirko Valenti (padre e figlio), insieme a Gianpaolo Scuderi, ritenuti dal Gip i vertici della banda del Casermone, con la complicità di altre a persone, hanno trasferito in più occasioni soldi in Spagna per investirli nell’acquisto di ristoranti. 
PALAZZINA MILITARIZZATA
Il supermarket della droga era stato messo in piedi nella palazzina del Casermone, al civico numero 8. Il caseggiato era stato trasformato in un fortino militare. La scala adibita a negozio della droga era stata blindata in più punti da barriere formate da lance in ferro. Le barriere sono state più volte rimosse grazie all’intervento dei vigili del fuoco, ma puntualmente venivano ricostruite. Le cessioni al dettaglio di droga avvenivano in quella che da tutti era conosciuta come la “finestrella”: una fessura realizzata nel vetro blindato di una finestra, posta al pian terreno della tromba delle scale. Sono state sequestrate anche armi: sepolte nel giardino di casa di uno degli appartenenti dell’organizzazione sono state trovate pistole e carabine.
LE SPESE “SOCIALI”
La maggior parte degli appartenenti all’organizzazione dedita allo spaccio sono occupanti, alcuni anche abusivi, degli alloggi Ater. E ieri il sostituto Coletta non ha mancato di tirare le orecchie ai vertici dell’ente che si è rivelato assente nella gestione di quegli immobili.
Tutti gli altri inquilini, oltre 150 nuclei familiari, erano costretti a subire il traffico illecito, anche se l’organizzazione, in alcuni casi, per garantirsi la tolleranza degli altri condomini aveva messo in piedi una sorta di mutua assistenza: pagava le bollette, prestava soldi, acquistava i lampioni delle aree in comune e a qualcuno sono stati persino regalati attrezzi di pesistica e ginnastica.
IL SUPERMARKET
Ogni aspetto del traffico e dello spaccio era organizzato nel minimo dettaglio. Il supermarket funzionava h24, in tre turni: dalle 6 del mattino allo 14, dalle 14 alle 22, dalle 22 alle 6. C’era un via vai di oltre 500 acquirenti al giorno, tanti provenienti anche da fuori provincia. Un volume di affari che consentiva di praticare prezzi molto concorrenziali: 20 euro per 0,20 grammi di cocaina, 10 euro grammo per hashish e marijuana. Gli introiti arrivavano anche a 40-50mila euro al giorno, soprattutto nei week-end.
TURNI E CODICE SEGRETO
È chiaro che un’attività così remunerativa non consentiva distrazioni o sbavature, soprattutto nell’organizzazione del lavoro di spaccio quotidiano e nella gestione del “personale”. I capi si preoccupavano di organizzare i turni di settimana in settimana. Ad ognuno il suo orario, il suo ruolo e i suoi compiti indicati con numeri e lettere, un codice noto solo agli appartenenti. Nel corso delle perquisizioni sono stati trovati numerosi fogli di servizio.
CASSIERI E VEDETTE
Ognuno, come detto, aveva il suo ruolo. C’era chi si occupava della compravendita, dietro la finestrella”, e custodiva la cassa, ossia un borsello con all’interno la droga divisa in dosi, i soldi frutto dello spaccio e la contabilità delle vendita. C’erano poi le “vedette”, posizionate sui punti d’ingresso e i piani alti del caseggiato di viale Spagna, che avevano il compito di dare l’allarme in caso dell’intervento delle forze dell’ordine. Le parole d’ordine da gridare erano due: “carmela” per la polizia e “nerone” per i carabinieri.
ORDINE E DISCIPLINA
Le regole da seguire erano ferree e guai a sgarrare. Il vademecum prescriveva dettagli anche apparentemente insignificanti: massimo tre assenze al mese e bisognava avvertire con 12 ore di anticipo; non utilizzare le sedie; stare dieci minuti prima sul posto; non bisognava fare uso di stupefacenti quando si era in “servizio”; il portone doveva restare sempre chiuso. Tutto scritto nero su bianco (anche questo foglio è stato trovato nel corso delle perquisizioni) compresi i provvedimenti disciplinari per chi non rispettava le consegne “militari”: si andava dalle multe alla decurtazione dello “stipendio”, ma nei casi più gravi erano previste anche la sospensione e l’espulsione dall’organizzazione criminale.
STIPENDI E PREMI PRODUZIONE
L’ubbidienza, ovviamente, veniva ben ripagata. Ogni addetto allo spaccio poteva guadagnare fino a 3mila euro al mese. Erano previsti anche premi produzione, in gergo chiamati “botte” (circa 100 euro) che si aggiungevano allo stipendio fisso, quando i guadagni superavano i 10mila euro. Tanto che tra gli addetti alle vendite c’era una vera e propria corsa a lavorare nei week-end quando gli introiti dello spaccio si aggiravano sui 50mila euro al giorno.
I NOMI DEGLI ARRESTATI
Sono state 52 le misure cautelari emesse nell’ambito dell’operazione “Fireworks”. 
In carcere sono finite 16 persone. Tutte di Frosinone. I vertici dell’organizzazione che, secondo gli investigatori, erano rappresentati da Gerardo e Mirko Valenti (63 e 29 anni). In carcere anche quelli che nell’ordinanza vengono definiti “capiturno”: Gianpaolo Scuderi, 46 anni; Giuseppe Fiorillo, 25 anni; Omar Iaboni, 37 anni; Giuseppe Liburdi, 26 anni; Marco Magliocchetti, 44 anni; Massimo Frattali, 25 anni. Custodia cautelare in carcere anche per una parte degli addetti alla custodia, al confezionamento e allo spaccio: Antonio Scuderi, 21 anni; Giovanni Scuderi, 24 anni; Juri Celani, 49 anni; Mirko Celani, 25 anni; Alessandro Reffe, 38 anni; Vittorio Di Maulo, 44 anni; Gerardo Ruspantini, 44 anni; Diego Cupido, 45 anni.
Agli arresti domiciliari sono finite 27 persone. Tra loro quelli che, secondo gli investigatori, insieme a Diego Cupido, già arrestato nell’operazione “Intoccabili”, fornivano la droga all’organizzazione. Sono stati individuati due canali. Quello sudamericano con il venezuelano Manuel Victor Trigo Ferreira, Simona Fiacchi di Palestrina e Mario Sarnino di Napoli. E il canale albanese con Shefit Rrapi, Polidor Selimay e Giovanni Cortina di Frosinone, 38 anni.
Ai domiciliari anche Yuri Crecco, 36 anni; Stefano Di Gennaro, 22 anni; Luigi Fortuna, 43 anni; Bruno Grandi, 43 anni; Saverio Grandi, 41 anni; Fabio Grossi, 35 anni; Massimiliano Grossi, 46 anni; Stefano Grossi, 43 anni, Christian Iaboni, 26 anni; Vincenzino Liburdi, 49 anni; Marco Lombardi, 50 anni; Stefano Mizzoni, 34 anni; Corrado Naddeo, 26 anni; Diego Quattrociocchi, 37 anni; Christian Reffe, 23 anni; Massimo Reffe, 32 anni; Roberto Roseppi, 28 anni; Gianmarco Stellati, 32 anni; Sandro Terragitti, 56 anni; Emanuele Troiani, 37 anni; Matteo Verdicchio, 21 anni.

 
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