Deportato in un lager nazista, salvo perché era un bravo meccanico: medaglia d'onore a Natale Colonnello di Arpino

Deportato in un lager nazista, salvo perché era un bravo meccanico: medaglia d'onore a Natale Colonnello di Arpino
di Roberta Pugliesi
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Martedì 1 Settembre 2020, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 10:21

Medaglia d’onore a Natale Colonnello, sopravvissuto ad un lager nazista. Negli occhi la scintilla della vita, nel sorriso la gratitudine di chi ritorna felice a casa dopo un lungo ed incerto viaggio, sulle mani i segni della fatica e del lavoro. Il signore Natale Colonnello, classe 1924, trasmette gioia e serenità a chi ha la fortuna di incontrarlo. Residente in contrada Chiatti ad Arpino, è stato insignito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana della “Medaglia d’onore” riservata ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti tra il 1943 e il 1945. Il signor Natale è partito prigioniero per la Germania il 10 settembre del 1943. Trasferito in poche settimane da un campo di concentramento all’altro, in particolare da Rochliz e Wansleben, Natale Colonnello è stato subito impiegato per assemblare pezzi di macchinari. È uno specialista, uno bravo nel suo lavoro. Veloce, preciso, prezioso. Non può essere mandato in trincea a combattere, serve nel lager a lavorare. Questa è stata la sua fortuna.

«Mentre le SS controllavano i prigionieri politici – ha spiegato Natale – , noi eravamo internati ed eravamo supervisionati dalla Polizia di Stato. Eravamo dodici specializzati e lavoravamo a 400 metri di profondità, passando ogni giorno dalla temperatura di 37° sottoterra a meno di 10° in superficie. Avevamo tagliato a strisce una coperta e ciascuno di noi ne teneva un lembo dietro al collo per proteggerci dagli sbalzi di temperatura. Quel pezzo di coperta mi ha salvato quando uno della SS ha iniziato a prendermi a bastonate dietro alla testa».

Il signor Colonnello racconta tanti aneddoti, non perde mai il sorriso anche quando racconta i momenti più tragici. Il 12 aprile del ’45 sono arrivati gli Americani e dopo due mesi, tra una caserma e l’altra, il 7 luglio il convoglio con i prigionieri liberati è partito da Lipsia per arrivare il 3 agosto in Italia al Brennero, Bologna, Pescara. Poi a Sora con un autobus, un furgone fino ad Isola Liri e infine un carretto ha accompagnato il signor Natale a casa. Quando è partito pesava 64 kg, quando è tornato ne pesava 38. Due figli Savina e Vanni, quattro nipoti e dieci pronipoti.

Lo ha incontrato l’ex assessore alla Cultura ed oggi consigliere comunale Rachele Martino che emozionata commenta: «Ci siamo salutati con la promessa di vederci di nuovo, presto, per raccontare e scrivere altre storie perché quando si ha l’onore di parlare con un sopravvissuto dei lager bisogna conservare con affetto e rispetto ogni sua parola per raccontarla agli altri».

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