"Pensavo fosse amore invece era una chat", i traumi per la fine dei flirt virtuali

"Pensavo fosse amore invece era una chat", i traumi per la fine dei flirt virtuali
di Pierfederico Pernarella
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Martedì 2 Marzo 2021, 11:13 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 09:57

Dai flirt nati in chat e vissuti come rapporti reali ai ricatti sessuali pagati a suon di bitcoin. Tutte le facce dell'amore e del sesso ai tempi del Covid.
La pandemia ha ridotto gli spazi sociali, quando non li ha azzerati. Il web ne ha preso il posto, più di quanto non lo avesse già fatto in passato. Per lavorare, studiare, tenersi in contatto con gli amici, conoscerne di nuovi. Ma anche per innamorarsi e dare sfogo alle proprie pulsioni sessuali. Niente che non accadesse già in passato, ma il lockdown prima e le restrizioni poi hanno aperto il vaso di Pandora. Con tutti i traumi e i rischi del caso.

I primi casi comparsi con la pandemia

Se ne sono accorti al Centro di salute mentale di Frosinone dove, per la prima volta, sono stati trattati casi di depressione causata da relazioni sentimentali nate, vissute e concluse esclusivamente sul web.
Casi mai affrontati in passato, tutti comparsi nel periodo compreso tra il giugno 2020 e lo scorso gennaio.

«La formazione di rapporti interpersonali affettivi, o presunti tali, virtuali, sono stati negli ultimi anni sempre più frequenti e diffusi, ma è altrettanto vero che, vuoi per le restrizioni sociali vuoi per la marcata flessione delle relazioni interpersonali in vivo, indotta dalla pandemia, questo ha certamente incrementato una tale tipologia di rapporti, interpretati sempre più, come alternativa alla vita reale», spiega il dottore Giovanni Maria d'Avossa, psichiatra del Centro di Salute Mentale di Frosinone.

Si tratta di relazioni durate la massimo cinque mesi o poco più. Tre hanno visto protagoniste donne tra i 36 e i 52 anni, uno uomo cinquantenne. Media istruzione, lavoro stabile, tenore di vita medio, single.

Tutti, per descrivere i rapporti, spiega il dottor d'Avossa, sono ricorsi alle stesse parole e immagini: Era una vera storia d'amore, eravamo innamorati, ci siamo capiti subito, avevamo sintonia su tutto, sentivamo di essere l'uno per l'altro, saremmo dovuti partire per un viaggio insieme, era il mio uomo ideale.

Ci si trova quindi di fronte a persone, prosegue lo psichiatra, «che hanno sviluppato sentimenti e maturato certezze per loro tanto concrete, da pianificare nel breve medio termine, parte della propria vita, il tutto in funzione di un qualcuno conosciuto e vissuto solo per via mediatica». Rapporti al punto percepiti come reali che la loro fine ha poi determinato uno choc, un trauma, l'esperienza del lutto, come si dice in psichiatria.

E gli sciacalli del sesso ne approfittano

Quei rapporti, per quanto irreali, vanno a colmare vuoti, storie di solitudine accentuate dalla limitazione dei rapporti sociali a causa della pandemia. Storie che possono sfociare anche nella perversione diventando terra di conquista per gli sciacalli dell'intimità sessuale, uno dei settori più fiorenti del web.
Business dietro cui si muovono e fanno profitti, spiega l'ispettore Marco Rea, dirigente della polizia postale di Frosinone, vere e proprie organizzazioni specializzate in quelle che in gergo vengono chiamate sextortion, estorsioni a sfondo sessuale.

Nel mare del web la pesca delle prede avviene su grandi numeri. A strascico. E la probabilità che tanti cascano nella rete sono alte. L'approccio avviene sui social, Facebook o Instagram, messaggi accattivanti, quando non espliciti, da parte di donne avvenenti. Poi l'invito a connettersi con la webcam. La donna, arruolata dai veri registi di questo tipo di crimini, sa come far abbassare le ultime resistenze fino a spingere l'interlocutore a compiere atti sessuali. È fatta. Stanno registrando tutto, hanno in mano l'arma del ricatto. Che arriva puntuale: o paghi o quel video compromettente verrà diffuso a tutti i tuoi contatti.

«Gli estorsori chiedono di farsi pagare in bitcoin (moneta di scambio sul web, ndr) - spiega l'ispettore Rea - Le richieste solitamente partono dai 1.200 euro, ma spesso arrivano ad accontentarsi di 200 euro. Pagare significa diventare complici del reato di estorsione, quindi anche le vittime rischiano la denuncia. In questi casi il nostro consiglio è bloccare il contatto dai cui è partita l'estorsione, segnalare il contenuti come offensivi ai gestori delle piattaforme social, cancellare tutti i propri account Facebook, Instagram, mail».

Gang internazionali imprendibili

Risalire agli autori è estremamente complicato, quando non impossibile, sottolinea il dirigente della Postale di Frosinone: «In primo luogo per arrivare al sequestro di un video occorre fare una rogatoria internazionale, anche se va detto che ultimamente i gestori delle piattaforme social sono diventati più puntuali nella rimozione del materiale violento o sessualmente esplicito. Ma ad ogni modo le organizzazioni che sono dietro questi crimini utilizzano connessioni compromesse con base all'estero: ad esempio si appoggiano sulla rete di una scuola di Amsterdam che a sua volta prende il segnale dalla rete di un ufficio a Londra. Connessioni a scatole cinesi che rendono impossibile risalire al segnale primario».

Ecco perché, contro il crimine informatico, il più efficace terreno di battaglia resta quello della prevenzione, su cui la polizia postale investe molto, soprattutto organizzando frequenti incontri nelle scuole.

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