Lo sapevate? In Giappone la “firma” non ha – quanto meno non aveva – valore legale. Per tutta una serie di motivi - storici, culturali ma anche “tecnici” (pare che la grafologia non sia in grado di stabilire con certezza la corrispondenza e autenticità dei caratteri ideografici vergati a mano) - si è sempre ricorso agli Hanko, ai timbri personali. Fateci caso, ogni adulto giapponese, ma anche i ragazzini, girano con un minuscolo astuccio che contiene un piccolo timbro e l’inchiostro, in genere rosso. E’ il loro “sigillo”,
Ora però c’è una vera e propria guerra, in corso oramai da anni e lungi dall’essere conclusa, tra il governo e le istituzioni pubbliche e private, per ridurre progressivamente l’uso degli Hanko, chiamati anche Inkan. Ce ne sono di vario tipo, forma e utilizzo. I più diffusi sono tre: il Jitsu-in, che è quello ufficiale, che va registrato in Comune e che serve per “firmare” contratti ufficiali, sposarsi, e altre occasioni “ufficiali”; il Ginko-in, che serve per aprire e chiudere conti bancari; il Mitome in che serve per tutte le altre occasioni quotidiane, tipo quando devi spedire o firmare il ricevimento di un pacco, pagare una bolletta, compilare un modulo per qualsiasi tipo di richiesta.
Da un certo punto di vista, una cosa molto bella ed elegante. Che ha sempre affascinato gli stranieri (anche loro, spesso, se ne procurano uno). I timbri sono infatti personalizzati, specie quelli “ufficiali”, e sono bellissimi: in legno, avorio, giada. Intarsiati a mano e contenuti in piccoli, eleganti astucci che tutti i giapponesi – o quasi – si portano appresso ogni giorno.
Dal punto di vista pratico però sono un disastro. Il governo giapponese aveva da anni “suggerito” il progressivo abbandono della pratica, ma negli ultimi tempi, anche a causa della pandemia, ha formalmente decretato che i timbri non sono più obbligatori. Non hanno più, in altre parole, valore legale. Possono, e di fatto lo sono ancora, essere usati, ma non imposti. Peccato che alcune istituzioni, come la maggior parte delle banche, continuino a richiederli: ma c’è già una buona casistica giudiziaria che ha dato ragione a chi si rifiuta di fornirli e pretende di usare la classica firma.
L’improvvisa accelerazione legislativa è stata causata appunto dalla pandemia e dalla richiesta alle imprese di applicare lo smart-working.
«D’ora in poi lo Hanko non è più obbligatorio per alcun atto pubblico - aveva dichiarato l’ex ministro per le Riforme strutturali e la digitalizzazione Taro Kono, poi candidatosi senza successo alla carica di primo ministro – invito tutti i cittadini a pretendere e far rispettare questo diritto». In effetti, la situazione sta pian pianino evolvendosi e persino la polizia oggi, ha ufficialmente annunciato che d’ora in poi per qualsiasi tipo di documentazione ufficiale né lo Hanko né, in alternativa, l’impornta digitale saranno più richieste. Basterà una firma. Meglio così, anche se a molti resterà la nostalgia del sigillo.