Paolo Pombeni
Paolo Pombeni

Il progetto Nordio/ Quella norma che aumenta la fiducia nelle toghe

di Paolo Pombeni
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Sabato 17 Giugno 2023, 00:06

Se c’è un modo sbagliato di presentare la proposta di riforma di alcune norme promossa dal ministro Nordio, è ascriverla solo alla miglior tutela degli indagati, i quali, non lo si dimentichi, non sono necessariamente dei colpevoli. Una migliore organizzazione della giustizia serve all’intero sistema paese, a cominciare dagli stessi magistrati. Infatti quanto più ci si allontana da una prospettiva vetero-inquisitoriale, tanto più cresce la legittimazione dei procedimenti: il pubblico deve avere fiducia che la giustizia non si esercita né per fare spettacolo (fosse pure con la poco sensata intenzione di incutere paura a chi pensa di delinquere), né per moralizzare il sistema di vita del paese, politico e non politico.
Quando si fanno dei passi avanti in materia di civiltà giuridica ne beneficiano tutti. È difficile non vedere nelle norme che sono presenti nel disegno di legge Nordio dei significativi passi avanti, così come è facile rendersi conto che le opposizioni a quanto si prospetta sono animate da pregiudizi e da conservatorismi vari.

L’abolizione dell’ambiguo reato di abuso d’ufficio è una richiesta più volte avanzata dai più diversi ambienti. Tutti hanno registrato la sproporzione abnorme fra i procedimenti avviati sulla base di quelle normative e le condanne definitive che non superano più o meno il 5% dei casi. Tutti hanno convenuto che però le lentezze procedurali e i danni reputazionali provocati da iniziative inquisitorie abbastanza avventate hanno da un lato gravato sulle vite di innocenti e dall’altro hanno fatto sprecare tempo e denaro al sistema giudiziario. Come accade anche troppo spesso, quando però l’iniziativa di mettere fine a queste disfunzioni è venuta da una parte politica, le altre si sono messe subito a dire che la norma andava senz’altro cambiata, ma non abolita. 

Il perché è oscuro, a meno di non considerare la resistenza a cambiare registro. I reati veri che si compiono sotto quella fattispecie così mal congegnata possono essere perseguiti usando altri strumenti che pure il codice penale mette a disposizione. Una volta si metteva in guardia dal pensare che per contrastare le fattispecie delittuose fosse necessario descriverle una per una in un apposito articolo di legge: si sarebbe gonfiato a dismisura il numero delle leggi e creato più caos che ordine. Molto meglio esercitare la capacità di inquadramento dei vari comportamenti in fattispecie sufficientemente generali.
Certo una parte, più loquace che ampia, della magistratura inquirente è restia a vedersi tolti strumenti molto evocativi nel nome, come è appunto l’abuso d’ufficio, e che compiacciono un certo giustizialismo diffuso. Non si può fingere di non vedere che questo atteggiamento trova sponde in vari ambienti dei media, che pensano che faccia più audience mettere gente alla gogna che non criticare in maniera documentata (e magari noiosa) le inefficienze della mano pubblica senza tirare in ballo manette e carceri.
È facile constatarlo per le critiche all’altro contenuto del progetto Nordio, un rigoroso disciplinamento dell’uso delle intercettazioni, soprattutto per quanto riguarda la loro pubblicazione.

Anche in questo caso assistiamo ad un curioso modo di intendere il cosiddetto diritto all’informazione. Infatti non si tratta in questo caso di negare la conoscenza né dei procedimenti contro i reati e contro chi è accusato di compierli, né della verifica dialettica a cui saranno sottoposti nelle corti.

Si tratta semplicemente di evitare la strumentalizzazione a fini di audience del “colore”, del pettegolezzo, delle informazioni raccolte in modo disinvolto con le intercettazioni. La giustizia spettacolo ha una lunga storia alle sue spalle, anche molto poco dignitosa (le esecuzioni pubbliche, le “grida” di vario contenuto, i processi dati in pasto alla stampa, ecc.) ed è bene riuscire a tenersi lontani da questi meccanismi che se eccitano qualche passione popolare, non fanno bene alla sacralità necessaria alla giustizia e che, per di più, possono prestarsi a scivolare in molti abusi (tutte le dittature hanno avuto i loro processi spettacolo). Un punto molto controverso è il divieto che la pubblica accusa impugni una sentenza di assoluzione in primo grado. Ciò dovrebbe suonare incomprensibile a tutti coloro che sostengono l’appartenenza sia della magistratura inquirente che di quella giudicante allo stesso ordine. Se ciò è vero, non si vede perché una componente di quell’ordine dovrebbe poter disconoscere ciò che ha deciso un’altra specificatamente destinata ad assolvere quel compito. Ciò sarebbe naturalmente diverso se si arrivasse alla separazione fra PM e giudici, ma sappiamo che a questa riforma vi è grande opposizione nei membri della magistratura.

Si potrebbe continuare esaminando le restrizioni al meccanismo della carcerazione preventiva, che è un altro tema che incontra feroci critiche. Eppure si tratta di poteri sulla libertà delle persone, tema più che delicato, e non vale sventolare pericoli di fuga che potrebbero essere altrimenti contrastati. Chi ragiona con qualche freddezza vede che si debbono trovare altri modi per controllare la possibilità di sottrarsi al giudizio da parte di un inquisito, senza mettere a rischio le esperienze di vita di coloro che poi risulteranno innocenti (purtroppo esempi di questo cattivo costume si sprecano).

Una volta di più siamo di fronte ad una iniziativa preziosa per raddrizzare molte storture del nostro sistema giudiziario. Essendo una proposta di legge, ci sono tutti gli spazi per intervenire con miglioramenti, mentre si dovrebbe respingere con forza il populismo dei neogiacobini fuori tempo (e con molta meno cultura di quelli storici …). Una buona gestione della funzione del potere giudiziario diventa non solo un titolo di merito per tutto il nostro sistema costituzionale, ma un rafforzamento della fiducia pubblica in esso, sottratto a tutti i sospetti, alcuni senza dubbio interessati, di parzialità, corporativismo e quant’altro. Un sistema giudiziario legittimato, sottratto alla retorica sia di chi lo vede come persecutorio sia di chi lo presenta come angelo vendicatore, è nell’interesse di tutti, a cominciare dai magistrati (la cui maggioranza ne è ben consapevole).

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