Paolo Pombeni
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Lampi populisti/L’Europa al voto e la campagna elettorale responsabile

di Paolo Pombeni
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Giovedì 28 Settembre 2023, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 00:46

Va bene il clima precocemente pre-elettorale, ma questo non giustifica qualsiasi cosa. Lo dicono tutti gli osservatori sensati a prescindere dalla loro collocazione, ma l’ha detto, neppure troppo fra le righe, anche Giorgia Meloni. “Competition is competition” disse una volta a tutt’altro proposito Romano Prodi, ma se la competizione diventa distruttiva non porta bene.


Sarebbe anche da dimostrare che eccitando certi sentimenti per così dire di pancia si possano veramente incrementare in maniera significativa i consensi di un partito. A stare ai sondaggi, per quanto presi con tutte le cautele del caso, c’è una notevole fissità nella quota di gradimento delle varie forze politiche. L’incremento o la contrazione di qualche zero virgola nelle percentuali mostrate dagli istituti demoscopici non segnalano né decadenze, né successi, neppure se si arriva a qualche punto percentuale. Intanto perché poi il voto si misurerà su fattori di collegio, specie per le elezioni europee con la loro estensione abnorme, sicché i piccoli spostamenti a livello nazionale non si sa come si rifletteranno nella distribuzione dei seggi (certo si può gloriarsi delle percentuali, ma poi a pesare saranno i “posti” effettivamente conquistati). In secondo luogo perché la storia elettorale rivela che molta parte degli elettori decide il proprio voto proprio nell’imminenza della data di apertura delle urne, anzi una certa percentuale sembra che lo decida addirittura nella mitica “cabina”.


E in otto mesi possono accadere eventi che influenzano e spostano in maniera oggi non prevista la percezione della situazione da parte della gente.


Queste banalissime osservazioni dovrebbero essere conoscenze acquisite dai membri della classe politica, specie da quelli che occupano posti di responsabilità e visibilità. Dovrebbe suggerire loro di frenare la rincorsa alle argomentazioni che un tempo si definivano “da Bar Sport” e oggi più appropriatamente si dovrebbero chiamare da “leoncini da tastiera”. Sarebbe opportuno ricordare che poi in politica, al contrario di quel che si crede, non si dimentica nulla di quel che per qualcuno è conveniente ricordare: inutile dare armi future in mano ai nostri avversari.
È verissimo che tutti i paesi della Ue sono più o meno in modalità pre-elettorale, anzi si lamenta che sia così anche nelle istituzioni di Bruxelles con ricadute non indifferenti di gestione in affanno, ma dovrebbe essere per noi una spinta a differenziarci. Abbiamo bisogno di consolidare una credibilità che è stata acquisita più di quanto fosse nelle previsioni di molti critici, ci troviamo al centro di una situazione che per l’Italia è molto interessante (la nostra iniziativa politica verso l’Africa inizia a trovare una certa considerazione), pur con qualche difficoltà il sistema economico-produttivo tiene in modo anche migliore di alcuni nostri titolati concorrenti europei.

Tutto ciò deve spingere a lasciar perdere i mantra tradizionali con cui si crede di muovere il sostegno dei propri “fedeli”: vale a destra come a sinistra, tanto la rincorsa alla fiducia nell’efficacia delle frasi fatte è ampiamente trasversale.
In realtà c’è bisogno di tenere compatto il paese in un passaggio non semplice.

Andiamo a scrivere e ad approvare una legge di bilancio dove non c’è spazio per giocare con la demagogia. Ci permettiamo di dire che non è una sciagura, ma una opportunità: con una gestione credibile ed oculata della finanza pubblica si guadagnerà molto in credibilità, si spiazzeranno molti dei nostri censori interessati a metterci in cattiva luce, si rafforzerà la nostra azione a livello internazionale.


È un obiettivo importante per il governo e per la sua maggioranza, ma lo è anche per l’opposizione che dovrebbe porsi l’obiettivo di mostrarsi capace di rafforzare quegli scenari, non di predicare catastrofi e di suggerire che tanto bisognerebbe cambiare del tutto registro. Più che lavorare per portare alle elezioni un paese spaccato e invischiato in una gigantesca lotta fra fazioni contrapposte, sarebbe necessario portarlo alla prova delle urne su un confronto riguardo a politiche costruttive. Ci sarà una necessaria e fisiologica competizione nell’individuare quelle più adatte, ma proprio questo darà tanto l’immagine di un paese maturo, quanto la prova che sbagliano coloro che continuano a parlare della solita Italia prigioniera di presunti vizi e ritardi storici.


Uscire dal gorgo della demagogia a buon mercato sarà un vantaggio per tutti. Come mostra un fatto incontrovertibile la opposizione responsabile di Giorgia Meloni a Draghi non l’ha affatto indebolita, anzi ha fatto fare al suo partito un salto notevolissimo nella raccolta del consenso. Altri che hanno seguito tattiche più furbesche di sostegno distaccato e quasi annoiato al governo dell’ex presidente della Bce non ne hanno tratto gran giovamento. È forse una riflessione che, con giovamento per loro e per il paese, i partiti potrebbero anche fare in considerazione della lunghissima campagna elettorale che hanno voluto aprire.

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