Alessandro Panci*

L'intervento/ Il ruolo degli architetti nella sfida di Expo 2030

di Alessandro Panci*
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Sabato 2 Luglio 2022, 00:03

La candidatura all’Expo 2030 è una grande opportunità per la Capitale. Un’occasione che non dobbiamo, né possiamo, lasciarci sfuggire. Ma la città è pronta per questa sfida? Di certo per affrontarla c’è bisogno di attivare quella rete diffusa di competenze e sinergie di cui dispone la città, indispensabili per centrare l’obiettivo.
È proprio questo il senso dell’iniziativa avviata dall’Ordine degli Architetti di Roma pochi giorni fa: una call, in collaborazione con la direzione tecnica Expo Roma 2030, rivolta a tutti gli iscritti e allo scopo di raccogliere idee e proposte per arrivare pronti all’appuntamento. Il Consiglio dell’Ordine ha infatti condiviso con gli iscritti l’iniziativa, per dare vita a un tavolo tecnico su architettura e progettazione della città da presentare in occasione degli Stati Generali che il Comitato di Candidatura sta organizzando per il prossimo 20 luglio a Tor Vergata.

Rivolta agli architetti romani, la definizione stessa delle modalità di partecipazione a questa call è un esercizio che ci ha aiutato in queste settimane a ragionare su quali siano – dal punto di vista della nostra categoria – le grandi questioni aperte in vista dell’Expo. Questioni che devono essere accompagnate da una visione strategica, in grado di non disperdere i benefici che questo grande evento può generare sul territorio.

Innanzitutto (come largamente discusso in occasione dell’ultima edizione di Far, il Festival dell’Architettura della Capitale), Expo Roma deve essere affrontata come “propulsore urbano” che, a partire da Tor Vergata, ha tutte le potenzialità per rigenerare un vasto tessuto cittadino – oggi largamente sotto-valorizzato – attraverso nuove visioni progettuali e con un occhio attento alla futura riconversione dei padiglioni. Una rigenerazione che può dare impulso ad una luminosa seconda vita a quell’ambizioso progetto territoriale che, in passato, dopo la sua prima spinta propulsiva, rimase “grande incompiuto” della Capitale.

La seconda domanda è: come immaginiamo la Capitale del 2030? Come possiamo renderla a misura di turista e, allo stesso, sempre più confortevole e inclusiva per i suoi cittadini? È questo il momento di immaginare interventi urbani e architettonici per una città accogliente e fruibile, a partire – solo per fare due esempi – dalle strutture ricettive fino alla risoluzione dell’eterna questione degli invasivi dehors.
È possibile modificare la società attraverso iniezioni di bellezza, per ricucire tessuti urbani ed esigenze storico-archeologiche? Noi pensiamo di sì.

E guardando oltreconfine ci rendiamo conto che i nostri incomparabili tesori sono spesso poco valorizzati da un contesto, generalmente distratto dalle mille questioni aperte. Non solo. L’Expo può guardare alla città del domani come una metropoli dove, attraverso un rinnovato disegno urbano, dovranno coesistere le istanze sociali e le nuove forme dell’architettura in grado di rilanciare Roma sulla scena internazionale.

Infine, il tema della mobilità. Nuovi spazi sostenibili e innovativi andranno a configurare la metropoli del futuro e i luoghi del lavoro che cambieranno conformazione e struttura. In particolare, la situazione non ottimale di Tor Vergata dal punto di vista della mobilità e dei trasporti, può essere un’occasione per mettere mano ai vari progetti che interessano l’area, sviluppandoli o proponendone di nuovi. Come trasformeranno gli spazi e la mobilità tra centro città e aree periferiche come questa a Est della Capitale?

Per rispondere a queste e altre domande, c’è bisogno di tutti i saperi e le competenze di cui dispone la nostra città. Noi architetti siamo già al lavoro per dare un contributo, mettendoci a disposizione della comunità.

*Presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma e provincia

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