Welfare, più domanda se cresce l'investimento: in azienda irrinunciabili le attività di responsabilità sociale

Identità, employer branding e coesione diventano caratteristiche delle società

Welfare, più domanda se cresce l'investimento: in azienda irrinunciabili le attività di responsabilità sociale
di Roberto Orsi
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Venerdì 28 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 15:30

È davvero una progressione importante, quella alla quale abbiamo assistito in questi ultimi anni, così come l’ha registrata l’Osservatorio Socialis, individuando i trend di sviluppo degli impegni sociali, economici e ambientali delle imprese in Italia, all’interno dei quali si iscrive anche l’attenzione per il welfare aziendale. Secondo gli ultimi dati contenuti nel 10° Rapporto Csr, la responsabilità sociale d’impresa è perseguita dal 96% delle aziende italiane con più di 80 dipendenti, che dichiara di aver investito quasi 300mila euro all’anno in attività di Corporate Social Responsibility (Csr), per un totale di 2 miliardi e 162 milioni di euro nel 2021. Un fenomeno che cavalca tutte le crisi e nonostante gli ostacoli determinati dalla pandemia e dal conflitto ucraino stabilisce un nuovo record di investimenti, registrando un incremento del 22% nell’ultimo anno. I dati mostrano come le radici della responsabilità sociale siano sempre più forti, testimoni dell’avvento di una nuova cultura d’impresa, dell’attenzione alle nuove richieste del mercato e alle pressanti nuove aspettative degli stakeholder. Tra i settori dove oggi si investe di più in prima fila l’employer branding, la ricostruzione dei processi aziendali e le collaborazioni con le università, insieme alla necessaria attenzione al risparmio energetico e al corretto smaltimento dei rifiuti. Il 77% delle aziende intervistate ha adottato un proprio Codice etico. C’è uno sforzo esplicito per costruire l’azienda e la sua organizzazione come “il miglior luogo dove lavorare”. Nell’ambito delle attività a beneficio dei dipendenti la ricerca evidenzia le preferite: attività di formazione e valorizzazione (38%), iniziative sociali nelle sedi (33%), valutazione competenza per sviluppo carriere (32%), varie iniziative di welfare aziendale (30%), monitoraggio di clima, esigenze, motivazioni (29%), sostegno pari opportunità (27%), miglioramento della comunicazione interna (27%), verifica, modifica sistemi di remunerazione/incentivi (23%), iniziative di worklife balance (22%), attività ricreative/culturali (14%).

OLTRE LA PANDEMIA

 Può apparire un paradosso, ma la crisi determinata dalla pandemia ha costretto le imprese a fissare come non rinunciabili gli investimenti legati alle responsabilità sociali, economiche e ambientali. L’imperativo comune è spingere sempre di più sui valori della Csr e adottarli ormai senza riserve per non rimanere indietro. E per assicurare ai propri collaboratori la consapevolezza di lavorare in uno dei posti migliori, più sostenibili, più inclusivi. Dalla sostenibilità al welfare aziendale, la Csr per le aziende di oggi sembra echeggiare le parole di Adriano Olivetti: «Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?». A fare da sfondo le 5 aree di azione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile 2017-2030 (Persone, Pianeta, Pace, Prosperità e Partnership), i Fridays For Future, i “consigli” di Papa Francesco, l’ormai prossimo arrivo delle nuove norme Ue sulle rendicontazioni non finanziarie estese alle Pmi, la proclamazione del 2023 come “Anno europeo delle competenze”, la mutata sensibilità della società tutta.

Saranno le competenze trasversali legate alla sostenibilità a tenere banco, e la loro integrazione all’interno delle imprese sarà fondamentale per rendere il tema denominatore comune e spinta al miglioramento continuo nell’attività; definire e costruire identità, employer branding, coesione; avviare e sostenere un percorso di condivisione della mission e dei valori; accreditarsi come sostenitori dell’inclusione, della diversità e della parità di genere attraverso una visione condivisa; migliorare il proprio percorso di sviluppo sostenibile per far crescere l’attrattività.

LE NUOVE PROFESSIONI

 Un orizzonte che si consolida e si estende sempre di più e si allarga a tutte le azioni che producono e promuovono impatti positivi per la sostenibilità economica, ambientale e sociale. E sale sempre di più il valore delle figure professionali di riferimento: sustainability manager, responsabili Csr, delegati alla Esg strategy. Università pubbliche e private hanno compreso a pieno che la formazione in tutti gli ambiti della sostenibilità delle nuove generazioni sarà imprescindibile e sempre più richiesta dal mondo del lavoro. Osservatorio Socialis cataloga oltre 800 insegnamenti e corsi presenti nei programmi di circa 70 Atenei italiani. Sono 11 le aree tematiche definite dall’Osservatorio Socialis per catalogare l’offerta formativa. Il 24% degli insegnamenti mappati attiene all’ecologia e alla gestione sostenibile di processi e produzioni, il 19% alla sostenibilità, il 16% a economia e ambiente e alla green economy, l’8% alle politiche sociali e welfare, il 7% alla Csr, il 7% all’edilizia sostenibile, il 5% alle biologie sostenibili, il 4% alla rendicontazione sociale, il 3% all’innovazione sociale, il 2% al diversity management e l’1% alla finanza etica.

LE ACADEMY

 Se è vero che sul territorio italiano sono cresciute negli anni oltre 120 Academy aziendali – messe in campo da aziende tradizionalmente avvezze ad avere una propria scuola di formazione, generalmente grandi e/o molto grandi, principalmente attive nei settori Energia e Servizi, Materiali per edilizia e design, Software, Tecnologia e Robotica, Bancario e Finanziario, Moda, Agroalimentare e Gdo – è anche vero che nella maggior parte di questi centri non sembra ancora farsi strada una formazione specifica e trasversale guidata dalla necessità di fornire a tutti i dipendenti gli stimoli e le competenze per rendere lo sviluppo del business e la pratica quotidiana in linea con i criteri Esg, coinvolgendo in egual misura tutte le funzioni aziendali. 

Direttore Osservatorio Socialis

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