Telemedicina, teleconsulto, telediagnosi. I nuovi servizi offerti in tema di salute – e spesso sperimentati tramite le opportunità offerte dalle prestazioni contrattate a livello aziendale – sono quasi sempre online. Per essere più facilmente utilizzabili. Tutto si fa a distanza. A partire dalle sedute con lo psicologo. Vera novità tra il 2021 e il 2022, il servizio psicologico online è diventato una prestazione ineliminabile, se è vero che in Italia il 56% delle persone dichiara di vivere in uno stato di stress permanente, secondo l’indagine “The Axa Study of Mind Health and Wellbeing”. E stando ai dati della ricerca Enpap (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Psicologi) presentata nel 2022, oggi sia lo psicologo che lo psicoterapeuta vengono percepiti da più del 50% degli intervistati come facilitatori del benessere piuttosto che come curatori di un malessere. Più del 30% della popolazione italiana si rivolge a questi professionisti e l’84% del campione della ricerca afferma che la figura dello psicologo sembra essersi progressivamente “normalizzata”. Lo stigma sociale di avere bisogno dello psicologo – l’Italia non è un Paese anglosassone, dove psicoterapeuta o psicanalista fanno parte del perimetro obbligatorio di relazioni mediche – si sta superando. Al punto da indurre alcune piattaforme online a ironizzare sul linguaggio fin qui dedicato a questi problemi: dalla frase «hai bisogno di uno bravo», nasce l’idea di marketing di Unobravo.it, tra le tante realtà che hanno fatto il successo nel mondo dei servizi piscologici a distanza. Molto è iniziato durante la pandemia, a livello di benefit offerti dalle aziende medio-grandi. Cinque, sei o più sedute all’anno erano parte di molti pacchetti di welfare aziendale. Un mercato – per i professionisti della psicologia – iniziato per lo più a livello di B2B. Rapidamente il cliente è diventato l’utente finale, non più il dipendente di un’azienda “illuminata”, ma il cittadino, spesso giovane, che aveva bisogno di una terapia psicologica.
IL GAME CHANGER
«Il wellbeing in azienda è stato generalmente visto come un’aggiunta, magari non essenziale, rispetto alla strategia dei responsabili delle Risorse Umane. Spesso focalizzato solo su attività fisica e nutrizione sana, trascurando i suoi aspetti psicologici. La pandemia in questo è stata un Game Changer: a livello individuale, ci siamo resi tutti e tutte conto di quanto fosse essenziale dare priorità al nostro benessere psicologico e, a livello organizzativo, quanto fosse una conditio sine qua non per la sostenibilità dell’azienda stessa», sostiene Mario Alessandra, co-founder & ceo di Mindwork. «Grazie al dialogo costante con le aziende che ci hanno scelto - prosegue - emerge però in maniera evidente quanto l’attivazione di strumenti per sostenere il benessere psicologico delle persone sia una condizione necessaria, ma spesso non sufficiente per far stare davvero bene le proprie persone. Serve un nuovo paradigma culturale che, a partire dalla leadership, si basi sulla comprensione e il rispetto dei bisogni della singola persona e la rimozione di qualsiasi forma di stigma sulla salute mentale, con linguaggio, modi e tempi inclusivi.
IL SITO DI ENPAP
Le piattaforme si sono moltiplicate: da Mindwork a Serenis, da Unobravo a Psicodigitale. In questa offerta si è inserita anche la presenza istituzionale dell’Enpap, con il sito viveremeglio.enpap.it, dove è possibile utilizzare la professionalità di oltre 1000 psicologi selezionati e formati dal’Ente. Fino a marzo erano arrivate in poche settimane oltre 100mila richieste. Le persone fra i 16 e i 35 anni costituiscono il 70% dei fruitori del progetto Vivere Meglio. D’altronde tra le principali preoccupazioni dei Millennials e della GenZ italiani emerse dalla Millennial e GenZ Survey 2022 di Deloitte vi è la salute e, soprattutto, la salute sul lavoro. Per il 36% di loro trovare un ambiente di lavoro che garantisca un bilanciamento adeguato tra vita lavorativa e tempo libero è il primo fattore di scelta quando si cerca un nuovo impiego. Lo scorso anno l’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, ha svolto una ricerca che attesta un alto grado di malessere in ambito lavorativo che ha come conseguenze principali quella dell’assenteismo e delle dimissioni. Analizzando tre dimensioni del benessere lavorativo (fisica, sociale e psicologica), solo il 9% degli occupati dichiara di stare bene in tutte e tre. L’aspetto più critico è quello psicologico: 4 su 10 hanno avuto almeno un’assenza nell’ultimo anno per malessere emotivo.