Il lavoro al centro della ripartenza, politiche attive e ammortizzatori

Il lavoro al centro della ripartenza, politiche attive e ammortizzatori
di Giusy Franzese
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Martedì 1 Giugno 2021, 07:09

Gli aiuti dello Stato ai disoccupati non potranno essere eliminati da un momento all'altro. Superata l'emergenza, «sarà necessario mantenere il sostegno a chi perde il lavoro». Ma accanto agli ammortizzatori sociali, è altrettanto necessario costruire una seria riforma di politiche attive, per dare la possibilità a chi esce dal mercato del lavoro di riqualificarsi e ricollocarsi. E l'Italia su questo versante è particolarmente indietro. È una vera e propria sferzata quella che il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, fa a governo e parti sociali all'assemblea annuale dell'Istituto. Alcuni dei destinatari di questo richiamo sono seduti proprio di fronte, nella sala quest'anno mezza vuota per rispettare il dovuto distanziamento imposto dalle regole contro la pandemia.

Ci sono il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, e c'è il leader della Cgil, Maurizio Landini, protagonisti in questi giorni di polemiche accese sulla questione dei licenziamenti sbloccati dal primo luglio nella grande industria e nell'edilizia (se rinunciano a spedire le lettere di licenziamento però possono usufruire della cig gratuita).

Con le sue parole Visco tenta di riportare la questione alla sostanza, ovvero: il problema non è tanto e non solo quello degli esuberi, ma soprattutto quello della loro ricollocazione. Le politiche attive, appunto.

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LE DEBOLEZZE
Il governatore parla di «importanti debolezze» da correggere «nel disegno e nella copertura della rete di protezione sociale». La pandemia - dice - «le ha rese manifeste, richiedendo l'adozione di interventi straordinari». Purtroppo però «siamo ancora lontani dalla definizione di un moderno sistema di politiche attive, in grado di accompagnare le persone lungo tutta la vita lavorativa».

Per rendere bene il concetto Visco fa un esempio lampante: in Italia un disoccupato su 10 riceve assistenza attraverso un centro per l'impiego, in Germania il rapporto è sette a dieci.
Spendiamo troppo poco per le politiche attive? Sicuramente si. Ma il problema - sottolinea Visco - «non è solo di risorse stanziate, da noi comunque modeste; si tratta soprattutto di innalzare e rendere più omogenei sul territorio gli standard delle prestazioni fornite dalle strutture». Innalzare le competenze e la formazione del capitale umano - dice con forza il governatore - «è una questione che considero assolutamente centrale». Anche in vista dei nuovi lavori richiesti dalla transizione digitale e green del Recovery plan.  Essenziale fornire quindi gli strumenti giusti , soprattutto quelli di mezza età che magari non hanno troppa dimestichezza con le nuove tecnologie.
INEFFICIENZE
I centri per l'impiego in Italia sono di competenza delle Regioni. E non si parlano tra di loro. L'Anpal, l'agenzia nazionale per le politiche del lavoro, guidata dal professore del Missisipi Mimmo Parisi, fortemente voluto dai Cinquestelle e ora in uscita, avrebbe dovuto tra le altre cose creare una piattaforma nazionale per far dialogare le banche dati dei centri per l'impiego. Non è mai stato realizzato. In queste condizioni per i disoccupati - ma anche per chi dovrebbe ricollocarli, compresi i navigator - è difficile incrociare domanda e offerta di lavoro. Al ministero del Lavoro c'è un tavolo aperto, il ministro Andrea Orlando ha promesso che entro luglio la riforma muoverà i suoi primi passi.

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Intanto il tema licenziamenti resta acceso. Confindustria assicura: «Non ci sarà alcuna emorragia di lavoratori». Ma i sindacati non si fidano e non si arrendono, puntando a reinserire il blocco durante l'iter parlamentare del Sostegni bis. Landini è netto: «Non abbiamo intenzione di accettare supinamente il fatto che dal primo luglio possano ripartire i licenziamenti».
 

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