«L'Aiscat d'intesa con i suoi legali ha deciso di ritirare il ricorso al Tar» contro l'articolo 35 del Milleproroghe sulle concessioni autostradali. E lo fa, ha spiegato, «confidando in una soluzione positiva della complessa problematica in essere». Come dire: facciamo un passo indietro per non essere di ostacolo in un'eventuale trattativa, compreso quella tra Atlantia e il governo, evidentemente.
L'IPOTESI
Del resto, secondo alcune fonti politiche vicine alla trattativa, la strada per uscire dall'impasse in cui è finito lo scontro governo-Atlantia potrebbe essere tracciata. E nello schema ipotizzato non è prevista una modifica del Milleproroghe, destinato a essere approvato così com'è passando dalla fiducia. Anche si questo sin parlerà domani nel vertice di governo previsto proprio sul Milleproroghe. Ma questo non impedirebbe comunque, a quanto pare, un accordo che scongiuri la revoca. Sul tavolo ci potrebbe essere piuttosto una maxi-multa che chiuda definitivamente il dossier tra ipotesi di caducazione e revoca della concessione autostradale. A patto, però, che Aspi metta sul tavolo impegni precisi. In campo ci sarebbe una sostanziale revisione della convenzione che regola i rapporti tra lo Stato e la società controllata dalla famiglia Benetton tramite Atlantia. L'ipotesi è che si stia ragionando sul calcolo delle tariffe autostradali da qui al 2038, scadenza naturale della concessione.
Il governo aveva chiesto un taglio delle tariffe del 5% a novembre scorso, proposta non gradita ad Autostrade. Ma si era parlato più in generale dell'incremento degli investimenti per la manutenzione e una serie di agevolazioni per Genova.
Sono queste le questioni ancora sul tavolo. Lì dove il nodo più difficil da sciogliere è l'ammontare gli investimenti promessi da Aspi (intorno a 1,6 miliardi), insufficienti per Palazzo Chigi. Non solo, tra le condizioni del governo ci sarebbe l'adesione di Autostrade per l'Italia al modello tariffario dell'Authority dei Trasporti che prevede un allineamento di mercato alla remunerazione del capitale investito (che scenderebbe di almeno tre punti percentuali, dal 10 al 7% lordo all'anno).
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