Cina, una nuova Via della Seta
per l'espansione in Occidente

Cina, una nuova Via della Seta per l'espansione in Occidente
di Rosario Dimito*
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Giovedì 13 Novembre 2014, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 20:43
ROMA Quando l’insigne geografo e geologo, il barone Ferdinand von Richthofen ebbe la fortunata idea di chiamare Via della Seta quell’insieme di percorsi carovanieri e rotte commerciali che per oltre 8000 chilometri congiungevano l’Occidente con il lontanissimo Oriente, non avrebbe mai creduto alle sue orecchie: cioè che questa espressione sarebbe stata tanto utilizzata e resa attuale anche a distanza di tanto tempo. E non solo. Perchè a quanto pare, la Cina, si sta impegnando a realizzare una seconda Via della Seta.

E’ notizia di questi giorni la chiusura, dopo tutte le approvazioni governative e dell’antitrust, di una importante operazione che, partita già da questa estate, prevede la cessione di una quota del 35% del capitale sociale – per un corrispettivo di 2.101 milioni - di Cdp Reti, interamente di proprietà di Cdp, a State Grid Internazional Development Limited (SGID), società controllata dalla State Grid Corporation of China. Ma andiamo a vedere di chi stiamo parlando. Cdp è la Cassa Depositi e Prestiti ed è una spa a controllo pubblico: 80,1% è del Mef, il 18,4% delle Fondazioni bancarie mentre l’1,5% sono azioni proprie. Gestisce una parte del risparmio postale, impiega le sue risorse per gli investimenti della Pa, lo sviluppo delle infrastrutture. Inoltre è il principale azionista di Eni, Terna e Snam. La State Grid Corporation of China, nata alla fine del 2002, è una società a controllo statale.

L'ENEL CINESE.

E’ la settima delle 500 società più grandi del pianeta ed è la più grande utility del mondo, può essere definita l’Enel cinese. La sua missione è fornire energia elettrica sicura, economica, pulita e sostenibile per lo sviluppo sociale ed economico della Cina. Il suo compito è costruire e gestire la rete energetica su 26 province e regioni autonome cinesi e attualmente opera su quasi l’88% del territorio nazionale con 1.500.000 dipendenti per servire una popolazione di oltre un miliardo di persone. Così tanto per gradire. E a luglio, per sancire l’accordo, il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan era andato in missione nel Paese della Grande Muraglia insieme ai vertici della Cassa depositi e Presititi. Comunque, per farla breve, a SGID saranno riconosciuti diritti di governance a tutela dell’investimento e potrà nominare due amministratori su cinque del consiglio di Cdp Reti, più un membro su tre del collegio sindacale. Godrà di un diritto di veto rispetto all’adozione di alcune particolari delibere oltre alla possibilità di proporre il nominativo di uno o due candidati che concorrano alla gestione operativa della Cdp Reti, alla quale però viene lasciata la decisione finale.

I CINESI IN CONSIGLIO

La SGID potrà anche designare un amministratore nei consigli di Snam e Terna. Quindi i cinesi entreranno in due asset strategici e due uomini di State Grid siederanno nel consiglio di amministrazione di CDP Reti e anche in Snam e Terna. Ma nel ventaglio di acquisti del Dragone ricordiamo che da poco la People’s Bank of China si è aggiudicata una quota di Generali dopo aver investito in Fiat, Prysmian, Telecom, Enel, Eni, Mediobanca. Tutte partecipazioni di poco superiori al 2%, giusto per essere comunicate al mercato e dare visibilità ai movimenti dell’Impero di mezzo. E se consideriamo anche la vendita a Shanghai Electric del 40% di Ansaldo Energia, nel nostro mercato possiamo dire che siano arrivati quasi a 6 miliardi di euro in pochi mesi. E non finisce qui: la China Investment Corporation (Cic) – uno dei fondi sovrani cinesi – sta trattando l’ingresso in F2i (Fondo Italiano per le infrastrutture) finalizzato ad un investimento di 300 milioni: il braccio armato cinese vuol avere voce in capitolo nelle decisioni del fondo italiano. D’Altronde la Cina è un gigante, basti pensare che a luglio ha fatto registrare in patria una crescita del Pil del 7,5% mentre noi siamo scesi dello 0,2%.

DALLE MACCHINE ALLE AUTO

L’elefante e la formica. Detto questo, secondo il centro studi della Sace, in termini di scambi commerciali l’Italia rappresenta il 15° partner commerciale del Celeste Impero a livello mondiale e 4° a livello europeo. Il settore di punta nel 2013 resta quello della meccanica strumentale, seguito da moda, settore auto e manifattura. Le importazioni italiane continuano a diminuire (-7.5%) mentre sono in ripresa le esportazioni (+9.5%).Le imprese italiane stabilitesi in Cina, attraverso le varie modalità di presenza sono circa 2000, alle quali sono riconducibili quasi 60.000 posti di lavoro e un fatturato di circa 5 mld di euro. Sempre secondo lo studio della Sace le autorità di Pechino vogliono puntare su produzioni ad elevato valore aggiunto, più attento ai contenuti tecnologici e a minore impatto ambientale. Ecco perché la meccanica strumentale italiana diventa importante e i prodotti del Made in Italy, si auspica, potranno avere ampi margini di crescita. E mentre noi non saremo più considerati dei gweilos – ovvero diavoli stranieri - la piccola e media imprenditoria cinese, in Italia, si sviluppa sempre di più accanto al fenomeno dei grandi capitali veicolati e facilitati dallo Stato. Quest’anno è il decimo anniversario del parternariato strategico globale tra Cina e Italia e il prossimo anno sarà il 45° delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Il premier Li Keqiang, in occasione della sua recente visita in Italia al decimo vertice ASEM, ha sottolineato l’amicizia e il legame tra Italia e Cina incoraggiando lo sviluppo di investimenti reciproci. E non resta che pensare positivo visto che i cinesi fanno proprio sul serio. La Cina ha da poco annunciato la realizzazione, in poco più di due anni, della una nuova via della seta creando un’area di libero scambio Asia-Pacifico e ridisegnando la mappa del business tra Malesia e San Pietroburgo impegnando paesi minori dell’Asia centrale. Una via terrestre che comprenderà il Bangladesh, la Cambogia, il Laos, la Mongolia, Myanmar, Pakistan, Tajikistan, più i paesi minori dell’Asia centrale insieme ad una via marittima che impegna molte nazioni del sud est asiatico.

Ha collaborato Carola Carbonari