L’analisi/ L’aumento di capitale per Montepaschi la strada più sicura

di Giulio Sapelli
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Venerdì 8 Luglio 2016, 00:05
La proposta più rivelatrice dello scontro in atto sul tema bancario in Europa è nella soluzione elaborata, anzi suggerita e resa pubblica dall’olandese Gert-Jan Koopman.

La soluzione del vicedirettore agli Aiuti di Stato della Commissione Ue consiste nella “ricapitalizzazione preliminare” di Mps allorquando saranno terminati gli stress test.

Gli esami in corso sono quelli imposti dall’Eba, l’Agenzia bancaria europea e di cui Koopman evidentemente già conosce gli esiti. Benevolmente si dichiara che i depositanti saranno risparmiati, mentre coloro che hanno investito in obbligazioni del Monte sarebbero ricompensati (come e per quanto non si dice), mentre gli unici che dovranno subire perdite saranno gli investitori istituzionali (e non) che hanno acquistato azioni.

Ben s’intende che così facendo si pongono le basi per il ritiro di tutti gli investimenti stranieri in Italia, il blocco per sempre di quelli possibili e la riduzione di fatto dell’Italia a una marca tedesca simile agli staterelli che la Prussia ridusse alla fame allorquando emanò nel 1834 le barriere protezionistiche dello Zollverein tanto amato e preconizzato da Friedrich List.

Queste proposte così poco ragionevoli sono possibili per la gran confusione che si è creata sull’argomento e soprattutto per la non pronta tensione sul tema medesimo dei nostri rappresentanti nella Commissione, i quali dimostrano una inefficienza che forse non è casuale, ma frutto di una adesione ideologica profonda all’ordoliberalismo, come ormai la storia ci ha dimostrato indelebilmente.

Il problema invece è assai semplice.
Ci sono due modelli storicamente comprovati per arginare le crisi bancarie prima che siano adottate le sole misure veramente essenziali, ossia la divisione tra banche d’affari e banche commerciali ritornando al Glass-Steagal Act, come gli Stati Uniti, sebbene in forma nicodemistica e complicatissima, hanno coraggiosamente fatto.

La prima è la misura della bad bank, ossia quella serie di mosse per cui le banche in passivo vengono scomposte giuridicamente in due parti: la storica e originaria che rimane intatta ma eviscerata dei suoi fattori di rischio (crediti deteriorati e insolvenze, eccessi di rischio da derivati e quant’altro di malefico prodotto dai manager voraci di stock option) e messi in una special purpose entity (veicolo finanziario) posseduta della Stato che si assume in tal modo il rischio di saper o poter rivendere tali strumenti inquinanti.

Lo fecero gli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso per salvare centinaia di Casse di risparmio nord americane che si erano legate con innesti incestuosi alle assicurazioni e rischiavano di portare alla distruzione gran parte del patrimonio americano industriale e dei servizi di non grandi dimensioni. Ebbene, come dimostra l’esempio nordamericano, questa misura funziona quando le banche sono molte e il rischio è si ingente, ma il fatto che le sofferenze et similia non siano solo di una specialità diabolica (i derivati) ma soprattutto crediti inesigibili, aiuta il loro collocamento proprio per l‘ampia gamma con cui si presentano ai potenziali acquirenti. Venti anni dopo il governo di Washington si è liberato di quelle sporcizie e rivelando al mondo che – perbacco - ci ha pure guadagnato.
La ricapitalizzazione è diversa e confina con la nazionalizzazione. Lo Stato immette capitale nelle banche prossime al fallimento e così facendo le risolleva e se ne fa carico con una doppia mossa del cavallo: questa, che è quella del possesso, e che di fatto muta obbiettivo e si trasforma in nazionalizzazione. La seconda mossa è quella decisiva: azzeramento del management e nomina del nuovo vertice che potrebbe assumere anche la figura dell’officer senza consigli di amministrazione, così disintermediando affaristi e comprimari.

Questa è la soluzione più semplice. Ha certo bisogno di una liberatoria (uso il termine in guisa di linguaggio carcerario e non giuridico) da parte della Commissione e quindi significherebbe imitare ciò che hanno fatto precedentemente Germana e Francia e Regno Unito e Olanda, ma che pare non possa essere concesso dai nuovi prussiani a noi italiani. Va da sé che una scelta del genere va calibrata con gli eventuali effetti di mercato, non propriamente desiderati visto che tale prospettiva è uno dei motivi di forte ribasso che il titolo Mps ha subito nei giorni scorsi. In altre parole, è una soluzione che va abbracciata in limine mortis, quando proprio non si possono più percorrere altre strade. 

Ciò detto, il governo deve fermamente sostenere la vis della capitalizzazione - sebbene quale ultima ratio, a scongiurare le razzie della speculazione più disinvolta - perché più trasparente e che induce al cambiamento dei manager che non sono stati in grado di perseguire il risanamento con un effetto assai forte sulla credibilità istituzionale dell’Italia, arginando in tal modo le sempre fortissime tentazioni franco-tedesche di conquista e sradicamento del nostro tessuto industriale e bancario più pregiato.
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