La fragile economia/ Perché serve una leadership mondiale

di Giulio Sapelli
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- Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 00:00
La crisi dell’economia mondiale è certo il frutto dell’assenza di quel sistema di coordinamento degli attori istituzionali che agiscono sui mercati e insieme sui governi e che garantiscono una sorta di bussola, di leadership che indica a tutti la via. È questo il pensiero ben espresso ieri da Romano Prodi su questo giornale. Occorre andare avanti su questa via interpretativa.
Quella bussola un tempo erano gli Usa. Poi si iniziò a illudersi che il mondo potesse essere multipolare e insieme potesse continuare a crescere. E allora furono guai. Oggi ciò che preoccupa è il fatto che tutti gli attori in campo agiscano senza alcuna consapevolezza sistemica, ossia la consapevolezza delle conseguenze nefaste che le loro azioni hanno sull’economia mondiale. Basta salvare se stessi e poi vada come vada. Gli esempi sono innumerevoli e per i meno attenti anche sorprendenti. Elenchiamone alcuni. Deutsche Bank annuncia che acquista un bel pacco di sue obbligazioni per dimostrare che non ha problemi di liquidità scongiurando a suo dire ogni pericolo di insolvenza. Si dice che anche Commerzbank vorrebbe esibirsi in operazioni simili.
 
Ma che manchi il coraggio a un management nominato e dominato da una politica che ha perso (sì, anche in Germania!) ogni virtù meritocratica. Si tratta solo di operazioni cosmetiche che nel breve fanno risalire i listini e quindi diffondono illusioni. Ma, cosmetici o no, per esempio, Zurich ha annunciato perdite da capogiro per essere un’assicurazione. Non parliamo poi né di Societé Generale né di molte altre grandi banche europee che hanno fornito risultati devastanti. Il fatto è che i mercati hanno perso ogni fiducia nei dati di bilancio delle banche e delle grandi assicurazioni. Ma ancor di più hanno soprattutto perso ogni fiducia nell’intervento taumaturgico delle banche centrali.
L’intervento taumaturgico era descritto un tempo come virtù divinatoria dei re nel Sacro Romano Impero. Oggi nei re taumaturgi non ci crede nessuno, tanto più quando le loro controfigure sono impazzite per la follia monetarista dei tassi d’interesse negativi come, gongolando inconsapevolmente da folle, ha annunciato anche il governatore della banca centrale svedese: una nazione dove pareva da sempre prevalesse un po’ di buonsenso. Quindi mentre in Usa la Fed aumenta i tassi, in tutte le altre parti del mondo i banchieri centrali credono nel valore taumaturgico dei tassi negativi che distruggono invece gli attivi e le riserve nelle banche e nelle assicurazioni. E se da un lato consentono speculazioni elevate sul fronte del compratore, distruggono ogni sicurezza nei risparmiatori i quali, piuttosto che comperare titoli di stato, acquistano oro e ogni cianfrusaglia che abbia un valore plausibilmente superiore allo zero.
Ma nel mentre le commodities minerarie scendono e l’oro da solo non basta a invertire il ciclo negativo, tutti i Paesi cosiddetti emergenti accumulano debito e perdite. Se poi a tutto ciò aggiungiamo la crisi per la discesa del prezzo del petrolio indotta dalla guerra geopolitica per il dominio strategico dei mercato (ora che sono gli stati e non le imprese a possedere i giacimenti), ebbene il quadro di una crisi è completo. Pochi pensatori l’avevano prevista e avevano visto, come insegnava inascoltato Michael Kaleckzy, nella deflazione da costi e da bassi salari l’arrivo della tempesta della recessione prima e della stagnazione secolare poi.
Io credo che il tutto sarà accompagnato, infatti, da crolli recessionistici repentini e penso che tutto sia iniziato con lo strapotere neo prussiano che di fatto si riproduce oggi con l’Ue e con la disgrazia della perdita della sovranità monetaria nazionale. Tutto è cominciato appunto perché dopo la fine della guerra fredda le grandi nazioni europee hanno perso la bussola.
La storia lo avrebbe potuto insegnare. Nel 1830 la Prussia iniziò la guerra contro l’Austria partendo dall’economia, mentre unificava gli staterelli tedeschi che tutti (salvo la Sassonia) non possedevano industrie forti e competitive come le prussiane. Così l’economia si trasformava in politica e gli junker ponevano le basi dell’unificazione tedesca che sarà poi taumaturgicamente bagnata dal sangue francese di Sedan con il Kaiser incoronato a Versailles. È ciò che è accaduto e che accade oggi su più larga scala con l’Ue e l’euro.
Con una differenza: che oggi i francesi si sono arresi e rassegnati porgono i polsi alla catena teutonica. La recente lettera dei due governatori delle banche centrali tedesca e francese ha questo terrificante significato. Non ha nulla a che vedere infatti con l’Unione Bancaria preconizzata dalla Bce e da Mario Draghi. In quella lettera s’invoca invece un Ministero delle finanze europeo atto a governare ed eliminare il debito sorvegliando i bilanci sovrani. Non si parla né di vigilanza bancaria unificata né di regole. E questo mentre le banche tedesche piene di assets tossici stanno crollando. Le Borse mondiali hanno inteso la lezione e rispondono anarchicamente con le vendite di massa. L’Europa fa finta di non accorgersene. Gli italiani si fanno ingannare dal gioco di specchi di Banca dell’Etruria mentre è invece il Titanic e non la barchetta da passeggio che rischia di affondare: occorre alzare lo sguardo verso lo tsunami che incombe.
Giochi di specchi, sempre e ancora giochi di specchi, mentre la crisi internazionale avanza inesorabile e la necessità di ritornare a una leadership mondiale è altrettanto inesorabilmente non più rinviabile.
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