Fs, Mazzoncini e il calvario pendolari: disservizi nonostante i fondi in più

Fs, Mazzoncini e il calvario pendolari: disservizi nonostante i fondi in più
di Umberto Mancini
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Venerdì 2 Marzo 2018, 08:00
Renato Mazzoncini, grande capo delle Fs, è probabilmente il manager più potente d'Italia. Come il suo predecessore può infatti muovere con la sua sola firma e senza chiedere l'ok del cda fino a 155 milioni di euro. Una somma, tanto per capire, molto superiore all'investimento straordinario annunciato, a disastro accaduto, per mettere in sicurezza dalla neve e dal ghiaccio tutti gli scambi del Lazio dopo il caos a Termini. Soldi che probabilmente, come ammesso dalle Fs che si è scusata per gli enormi disagi, potevano essere spesi prima che l'emergenza diventasse realtà. Del resto, da qualche tempo il gruppo Fs più che in Italia, come ci si dovrebbe aspettare visto la mission originale, pare focalizzato sui mercati esteri (Grecia, Nord Europa, Inghilterra), sulla gestione dei servizi di bus locali e, con la maxi-fusione dell'Anas su strade e autostrade.

DIVERSIFICAZIONE
L'ampliamento del perimetro e l'ambizione dello sbarco in Borsa sono probabilmente alla base di scelte che hanno reso ancora più duro il calvario dei pendolari. E ciò, nonostante gli utili e i ricavi record realizzati negli ultimi anni. Eppure nel 2016 la rinegoziazione con Regioni e Stato dei contratti di servizio, quelli appunto destinati a stabilire i prezzi dei treni dei pendolari, avevano portato in cassa alle Fs 59 milioni in più rispetto all'anno precedente. A fronte di un servizio che, secondo le associazioni dei consumatori, non è affatto migliorato. Anzi. Negli ultimi anni, spiega Enrico Pallavicini, coordinatore Pendolari Italiani Assoutenti, sono state cancellate il 65% delle tratte interregionali, mentre i ritardi medi negli orari più caldi e sensibili per i pendolari oscillano tra 15 e i 18 minuti, concentrandosi ovviamente nei momenti di punta. Semplificando, si può dire che i ritardi coinvolgono l'80% dell'utenza complessiva, cioè proprio chi viaggia per lavoro o per studio.

Non solo. In molti nuovi contratti di servizio, quelli che varranno per i prossimi 10 anni - aggiunge Assoutenti - non è previsto l'acquisto di nuovi treni. Per l'associazione l'Alta Velocità ha poi cannibalizzato molti treni regionali, aumentando il gap tariffario in maniera non certo sostenibile per molti viaggiatori. «La gestione Mazzoncini - dice Pallavicini - è il contrario di quella che dovrebbe essere. A Londra, dove Fs gestisce una linea fra Fenchurch Street e Shoeburyness, tutto è servizio e puntualità, qui in Italia per i pendolari c'è solo il peggio». Nel mirino non ci sono solo i treni obsoleti e il materiale rotabile d'epoca, ma anche la gestione della sicurezza. È come se chi produce auto fosse anche autorizzato a stilare la classifica di Quattroruote o chi si occupa di caldaie apponesse il bollino blu di qualità. Ebbene Rfi, la società al 100% delle Fs che si occupa delle infrastrutture ferroviarie e della loro manutenzione, certifica se stessa. Mette cioè il timbro di buona esecuzione sia ai lavori che esegue direttamente sia a quelli affidati all'esterno. «Se la suona e se la canta», spiegano in coro i sindacati che vorrebbero invece un ente terzo, autonomo e super partes, a fare da super verificatore.

L'ESEMPIO DELL'ENAC
Del resto, al di là delle richieste sindacali, è l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie, dopo il gravissimo incidente di Pioltello che ha causato 3 morti e 46 feriti, a chiedere un immediato «riesame dei processi di manutenzione». Secondo l'agenzia, sarebbe necessario «maggior collegamento e controllo tra il livello centrale della direzione produzione (quella che si occupa di manutenzione) e le strutture locali». Carenze di controllo in questo campo «da recuperare e da far certificare da un ente indipendente». Un invito perentorio rimasto per ora solo sulla carta. Basterebbe seguire l'esempio dell'Enac che vigila sugli aerei o del Rina che certifica le navi.
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