Jobs Act, via al nuovo contratto di lavoro: ecco le regole per i neoassunti

Jobs Act, via al nuovo contratto di lavoro: ecco le regole per i neoassunti
di Giusy Franzese
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Domenica 8 Marzo 2015, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 18:21
ROMA - E adesso il Jobs act può passare dalle carte ai fatti. Con la pubblicazione venerdì in Gazzetta ufficiale dei primi due decreti attuativi, da ieri tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato saranno a «tutele crescenti».

Una formula che sta a significare soprattutto una cosa: se dopo l'inserimento in azienda le cose dovessero andare per il verso storto - difficoltà economiche dell'impresa o anche scarso rendimento del lavoratore - il rapporto potrà essere scisso più facilmente. Senza il rischio che poi un giudice imponga il reintegro. A fronte di un licenziamento illegittimo (esclusi i discriminatori, per i quali nulla cambia, e un caso specifico di disciplinari) al lavoratore spetterà solo un risarcimento economico, «crescente» in base agli anni di permanenza in azienda. È la fine del vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Sia che la si veda come un evento positivo, sia che - è il caso dei sindacati - lo si giudichi in modo esattamente opposto, è sicuramente una rivoluzione per il mercato del lavoro italiano.



LA PLATEA

È bene comunque sottolineare ancora una volta che la nuova disciplina riguarda solo i neoassunti (giovani alla prima occupazione, ma anche meno giovani da ricollocare). Il 7 marzo 2015, quindi, segnerà una linea di demarcazione netta tra chi già lavora con un contratto a tempo indeterminato (per il quale, fin quando resterà nella stessa impresa, restano in vigore le vecchie tutele, compreso l'art.18) e i nuovi assunti. E questo vale sia per i licenziamenti individuali, che per quelli collettivi. Le tutele crescenti, inoltre, non si applicano al pubblico impiego.

Per il governo è una scommessa importante.



«Porterà l'Italia fuori dalle secche della disoccupazione» dice Renzi. E a chi paventa folle di licenziati, il premier replica: «Sarà il contrario, ci saranno molte più assunzioni che licenziamenti». A sua volta il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ribadisce: «Le imprese non hanno più alibi». Perché il contratto a tutele crescenti dà più certezze sulla «regolamentazione del rapporto di lavoro» ed è anche «conveniente», visto che può usufruire della decontribuzione triennale, che va ad aggiungersi agli sgravi Irap.



Non la pensano così i sindacati. «L'unica certezza» dice il leader Uil, Carmelo Barbagallo, è che «da oggi sarà più facile licenziare: inizia una nuova fase di insicurezza dell'era 2.0». La netta contrarietà della Cgil, a sua volta, è più che nota. Sono mesi che il sindacato guidato da Susanna Camusso non perde occasione per ribadirla. Ieri come oggi il governo però non sembra curarsene più di tanto, convinto com'è che questa sia la strada giusta. «Non mancherà un 20% di errori o di scontenti, ma accontentiamoci dell'80%» osserva Poletti.



I NUOVI SUSSIDI

Oltre al contratto a tutele crescenti, ieri è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale anche il decreto attuativo che dal primo maggio cambia i sussidi di disoccupazione. Le nuove sigle da ricordare sono Naspi (nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego), Dis-coll (sussidio per i collaboratori) e Asdi (prolungamento del sostegno per chi versa in condizioni disagiate). Il governo intanto ha già varato in via preliminare (in attesa dei pareri parlamentari) altri due pezzi del Jobs act: i decreti attuativi relativi al riordino delle tipologie contrattuali che ridurrà i co.co.pro, e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro con più tutele per le lavoratrici madri.