«È stato bello. Ma ora basta!». Ilaria Capponi, 33 anni e già tante carriere: modella, giocatrice di basket, attrice, imprenditrice. Su Instagram qualche giorno fa ha detto addio alla moda.
Cosa è successo?
«Ho cominciato a fare la modella a 13 anni, ero alta un metro e 81 e magrissima. E l’ho sempre fatta a parte di break di un paio anni in cui sono stata impegnata con la pallacanestro, nella squadra di Viterbo. Nelle scorse settimane ho avuto a che fare con due agenzie, una di queste mi aveva cercata, immaginavo fosse interessata a me. In entrambi i casi, non appena ho detto le mie misure, mi è stato risposto: non abbiamo modelle taglia 42 perché non abbiamo clienti con quella taglia di campionario. Se hai i fianchi di 96 centimetri sei fuori, non puoi nemmeno candidarti per lavori più commerciali in cui si richiedono caratteristiche fisiche diverse e non standard».
Non è una novità. Cosa l’ha fatta indignare e l’ha spinta a dire basta?
«Io faccio già altro, ho un’agenzia di comunicazione, e posso dedicarmi serenamente a un’altra attività. Ma penso a una qualsiasi ragazza che vive facendo la modella e riceve quel no per via della sua taglia. Torna a casa e smette di mangiare. Trovo insopportabile l’ipocrisia di questo mondo».
A cosa si riferisce?
«In questa denuncia sui social esprimo la delusione per la discrepanza tra quello che si comunica e quello che è oggi il sistema moda. Si trasmettono tanti messaggi sulla body positivity, sull’inclusività, sulla salute, sui nuovi canoni di bellezza. Ma poi si richiedono modelle che siano alte almeno 1,75 e non superino i 90 centimetri di fianchi. Impossibile, per il 90% delle modelle con cui ho lavorato in questi anni, raggiungere questi standard senza fare diete o cose che ledano la salute. Dov’è finita la tanto professata normalizzazione dei canoni della bellezza? Dov’è finita la cultura del rispetto del corpo e del difetto».
Come se ne esce?
«Il problema è il rapporto altezza/taglia. Bisogna rivedere i parametri di selezione di campionari e modelle: o ridimensionano l’altezza oppure il peso e la taglia. Se viene richiesta una determinata altezza, allora bisogna rivedere la taglia del campionario».
Quale è stata la sua esperienza?
«Ho iniziato a 13 anni come modella. Un’attività che ho interrotto solo per due anni quando ho giocato a basket in serie A. Quando ho ricominciato a lavorare nella moda ero più muscolosa, e ho avuto dei problemi. Dovevo perdere centimetri sui glutei, ma trattandosi di muscoli non era facile. Sono riuscita a rientrare nei canoni della taglia 38/40 con diete drastiche. Grandi abbuffate e grandi digiuni, per sei anni ho sofferto di bulimia, dai 18 ai 24 anni. Non facevo sfilate ma showroom e servizi come fotomodella».
I disturbi alimentari sono diffusi in questo ambiente.
«Il 90% delle modelle sono sottopeso e senza ciclo, poi ovviamente non riescono ad avere figli.
Cosa dice ai ragazzi?
«Che non devono per forza seguire questi stereotipi. Adesso il problema non è solo quello dei modelli sbagliati. I ragazzi sui social modificano la propria immagine, la perfezionano e poi non si sentono all’altezza dell’immagine artefatta di se stessi che si sono creati. Eternamente insoddisfatti e infelici perché rincorrono quella finzione, evitano gli incontri e rischiano l’isolamento sociale».