Jägermeister, non più solo l'amaro del dopo cena, ma anche mixology e... musica elettronica. Uttini: «In Italia il brand cresce del 5%»

L'amaro tedesco alle 56 erbe è stato icona della caccia negli anni Trenta, poi logo al Motorsport negli anni Settanta e sponsor dei festival di musica elettronica. Come si è evoluto il marchio

Jägermeister, non più solo l'amaro del dopo cena, ma anche mixology e... musica elettronica. Uttini: "In Italia il brand cresce del 5%"
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Venerdì 19 Aprile 2024, 12:36 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 14:42

"Dagli anni Trenta con la caccia, al Motorsport negli anni Settanta e oggi con i festival di musica elettronica. Da quando esiste, Jägermeister vuole essere sinonimo di socialità, di condivisione, e lo trovi dove sta per cominciare una serata. E' un brand che aiuta a far partire la serata non attraverso un consumo eccessivo ma grazie alle sue qualità. Il miglior modo per berlo? Lo shot ghiacciato a -18°", spiega Daniele Uttini, responsabile marketing Jägermeister Italia. Il brand è il terzo amaro più amato in Italia dove si è radicato - soprattutto al Sud, a partire dagli anni Sessanta.

E' un amaro classico ma poco tradizionale nelle strategie comunicative.

“Jägermeister    è da sempre un brand di innovazione e ha portato novità anche nel marketing quando questo era agli albori, quindi a partire dagli anni 70. Penso a quando ha portato il proprio logo sulle maglie della Bundesliga o nei Motorsport. Sono stati audaci.   Anche in Italia sono stati capaci di innovare facendo però della tradizione il proprio punto di forza: il prodotto rimane uguale a sé stesso da 90 anni”.

La grande novità oggi è il matrimonio con la musica elettronica?

“E' importante sapersi adattare soprattutto per un brand che ha come riferimento per la comunicazione la generazione Z.

A partire dai maggiorenni. La gen Z è fatta da quei consumatori che sono sicuramente più stimolanti e anche difficili da intrattenere: sono estremamente volatili, tutt'altro che fedeli, e scelgono spesso i prodotti che sposano cause, che attivano altre leve. Bisogna essere molto dinamici. E sì, c'è stato un importante cambiamento negli anni Duemila quando Jägermeister ha scelto di legarsi alla musica in maniera molto credibile e forte negli ultimi vent'anni tanto che in Italia, per esempio, è diventato il brand in assoluto di elezione della musica elettronica”.

In Italia la pubblicità aveva il volto di Raz Degan anni fa, e ora come è cambiato il modo di veicolare il prodotto?

“È cambiato il mondo e Jägermeister è stato anticipatore: ha cambiato il momento del consumo alla fine degli anni Novanta e inizio anni Duemila. Non più solo l'amaro che viene bevuto dopo i pasti come si fa notoriamente in Italia, ma è diventato quello spirit che ti aiuta ad iniziare una bella serata, sempre in modo responsabile. La novità è sintetizzata nella nuova campagna “Barrel ageing” che ha in programma anche uno spot tv che andrà on air sui principali broadcaster (Publitalia, SKY, Discovery e Amazon Prime) e on line sulle principali piattaforme social (Youtube, Amazon ecMeta).Barrel ageing celebra il brand introducendo il concetto di tempo che diventa protagonista: come un DJ ha bisogno di tempo per prepararsi ad una performance di qualità così il prodotto ha bisogno di tempo per affinarsi e “invecchiare per le tue notti migliori” e diventare l'iconico amaro più bevuto al mondo. Protagonista dello spot tra l'altro è una deejay romana: Marta aka Five question marks ed ex concorrente del progetto Jagermusic Lab”.

Sul fronte mixology com'è utilizzato?

“Il trend dell'amaro in miscelazione ha iniziato a espandersi in maniera molto forte sei, sette anni fa. Ancora una volta Jägermeister  è arrivato prima perché si è affacciato nel mondo della mixology all'inizio degli anni Duemila. E ancora una volta sfrutta le sue le caratteristiche che sono la versatilità e il grandissimo range di aromi e sentori che stupiscono.  Jägermeister    può star bene in qualsiasi ricetta, bisogna solo saperlo miscelare a seconda di quale botanica si vuole esaltare”.

Ci sono cocktail con lo Jägermeister  su cui puntate di più?

“In generale è sempre difficile imporre un drink specifico.   Posso citare lo Jaeger Mule a base  Jägermeister        al posto della classica vodka e poi i classici long drink o con i sodati: Jägermeister        sta molto bene con le cole”.

Come si piazza  Jägermeister in Italia che è una terra di elezione per gli amari?

“E' il terzo amaro più consumato in Italia. Questo risultato è figlio di tanti anni di lavoro di  Jägermeister        che è riuscito ad arrivare in Italia molto presto rispetto a tanti altri brand internazionali: già dagli anni Sessanta fa il suo ingresso nel mercato italiano. L'Italia è stato uno dei primi mercati fuori dalla Germania e anche da noi si è rivelata vincente la campagna "Io bevo  Jägermeister        perché" che riusciva a essere coinvokgente facendo sentire che questa bevanda apparteneva ad ognuno di loro pur essendo straniera”.

Ci dà un po' di numeri sulle performance del prodotto?

“Il 2022 è stato il primo anno in cui  Jägermeister        ha iniziato a essere distribuito da gruppo Montenegro. Storicamente la zona di elezione di  Jägermeister        è nel Sud Italia e ci sono diversi motivi sia legati al brand sia legati a ragioni  sociali, di affezione nei confronti del brand che vede le regioni del Sud molto più attaccate ai brand internazionali rispetto a quelle del Nord. Jagermeister era già forte in quelle regioni prima che esplodessero brand che sono cresciuti tantissimo negli ultimi vent'anni. Oggi Jägermeister rappresenta il liquore alle erbe più amato al mondo, con120,7milioni di bottiglie da 0,7 l vendute nel 2022 in circa 150 Paesi. Oltre l'85% del fatturato totale viene realizzato negli Stati Uniti, Germania, Sudafrica (uno dei mercati emergenti), Regno Unito e Spagna. In tutto il mondo  Jägermeister        conta circa 1.000 dipendenti ma resta un'azienda famigliare, arrivata alla quinta generazione”.

La pandemia ha cambiato delle tendenze?

“Sfide importanti si sono concentrate negli ultimi quattro anni: la pandemia ha colpito particolarmente  Jägermeister in Italia perché nel nostro Paese è particolarmente legato alle occasioni di consumo fuori casa. Poi c'è stato il cambio di distribuzione con Gruppo Montenegro che ha abbracciato la sfida con grande entusiasmo perché è un brand che dà grandi soddisfazioni”.

La categoria di amaro sembra andare troppo stretta?

“E' un amaro alle erbe 100% tecnicamente ma non ha una categoria, pensate che tra i suoi competitor a livello globale ci sono degli altri tipi di alcolici: whisky, rum, vodka. E' l'11° spirit più venduto al mondo”.

Ci sono molti competitor indiretti, quindi? Come li intercettate?

“Noi abbiamo costruito un nostro, peculiare, set competitivo. Abbiamo selezionato quei brand che sono affini per valore o per modalità di consumo, o per modalità di comunicazione. Chi comunica il bere ghiacciato, per esempio. Chi comunica all'interno del mondo della musica, chi opera nel mondo High Energy. Quindi, festival e discoteche”.

Parliamo di questa affinità col mondo della musica

“Jägermeister        promuove contest musicali per giovani talenti ed è collegato in Italia al mondo della musica elettronica: nel 2023 abbiamo sponsorizzato, per esempio, Kappa futurfestival, Club to Club e Parco Gondar, tra gli altri. Ed è molto bello andare in queste manifestazioni perché vedi quanta passione c'è attorno a questa musica. E' una comunità molto interessante che non è neanche socialmente clusterizzata: trovi dal direttore di banca all'operaio, sono tutti vestiti alla stessa maniera, tutti a vivere un momento di divertimento condiviso. Questa è la musica elettronica in Italia”.

In Italia la musica è anche il festival di Sanremo, è fantascienza vedervi sponsor lì?

“Mai dire mai”.

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