DolcissimArte, a Torino alla scoperta della storia della pasticceria

Il primo testo italiano in materia esclusiva di dolci è il “Confetturiere Piemontese” stampato a Torino nel 1766.

DolcissimArte, a Torino alla scoperta della storia della pasticceria
di Alessandra Iannello
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Venerdì 10 Novembre 2023, 13:09 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 12:46

Parte oggi a Torino DolcissimArte, una rassegna che omaggerà, per tutto il fine settimana l’arte pasticcera piemontese. Per tre giorni i Maestri Pasticceri apriranno le loro botteghe per degustazioni e dimostrazioni su come nascono alcuni dei dolci che hanno fatto la storia della golosità mondiale. E che la pasticceria sabauda sia una cosa seria lo rivela anche l’istituzione, nel 1739, dell’Università e Corporazione dei Confettieri e degli Acquavitai. Era la prima Università in Europa dedicata al settore e prevedeva cinque anni di studi e altrettanti di apprendistato. Al termine del corso era prevista la tesi di laurea che era costituita dalla preparazione di un dolce originale con creme composte e decorazione. Solo superata questa prova si diventava Maestro Pasticcere.


Anche in tema di dolci il Piemonte fa storia. Risale infatti al Cinquecento l’origine dei marron glacé. L’abbondanza di materia prima nelle valli cuneesi e in valle di Susa aveva infatti sviluppato nei locali l’arte confetturiera per conservare i frutti del castagno tutto l’anno. Fu poi un cuoco del Duca Carlo Emanuele I a introdurli alla corte dei Savoia, portandoli all’onore dei palati più raffinati, fino a essere inclusi nel “Confetturiere Piemontese”, stampato a Torino nel 1766.

 


Casa Savoia diede i natali anche ai baci di dama.

Narra la leggenda che i baci di dama siano frutto della fantasia di un cuoco di casa Savoia nell'autunno del 1852 in risposta alla richiesta di Vittorio Emanuele II di assaggiare un nuovo dolce. Il prodotto incontrò l'approvazione della Corte e da allora venne servito sulle tavole reali d'Italia e, in seguito, di tutta l'Europa.


Anche la panna cotta è piemontese. Si narra, infatti che sia nata agli inizi del ‘900 nelle Langhe da una signora ungherese che viveva lì. Oltre la “leggenda” le prime prove documentali riportano comunque al Piemonte e più precisamente al ristorante stellato cuneese de “I tre citroni dello chef Ettore Songia” che, negli anni Sessanta, fu il primo a mettere su carta la ricetta come la conosciamo oggi.

Le torte della tradizione
Ci sono poi dei dolci che si possono assaggiare ancora oggi esattamente nelle pasticcerie dove sono nati secoli orsono.
Di rigore sulla tavola natalizia dei torinesi da più di 100 anni è la Nuvola di Ghigo dell’omonima pasticceria. Si tratta di un pandoro ricoperto di crema al burro e finito con una nevicata di zucchero a velo. Questo dolce è figlio della “prima vita” della pasticceria nata nel 1870 come latteria. Oggi la Nuvola si fa come allora perché le ricette dei prodotti di Ghigo sono state tramandate intatte per generazioni.


Risale invece agli anni 60 del secolo scorso il Festivo della pasticceria Pfatisch. Si tratta di una torta composta da due dischi di meringa al cacao farciti di crema chantilly al cioccolato e ricoperti da granella al cioccolato, guarnita dal caratteristico ciuffo di cioccolato sfoglia. Chi visita per la prima volta la pasticceria, inaugurata nel 1915 dal Maestro di origine bavarese Gustavo Pfatisch, viene invitato a visitare il museo posto nel laboratorio sotterraneo, dove si trovano le macchine per la produzione del cioccolato fabbricate tra fine Ottocento e il primo Novecento e ancora funzionanti.
Fra le torte della tradizione ci sono anche la Adri di Stratta, dedicata a una delle figlie di Oreste e Luisa Monzeglio che hanno rilevato la pasticceria fondata nel 1836 da Reina e Stratta; o la Tropezienne di Uva, che per il suo nome e i suoi ingredienti sollevò un incidente diplomatico con i cugini francesi. Altri dolci simbolo del Piemonte più dolce sono la Torta Balla di Ivrea, la Polenta di Marengo di Alessandria, la Torta Valsusina e la Torta di Marroni di Mondovì.

Un pasticcino piccolo piccolo
Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie”, così si apre la poesia “Le golose” che Guido Gozzano dedica alle “madamin” che assaporano le bignoline nei locali del centro di Torino. Le bignoline altro non sono che piccolissimi bignè farciti con crema pasticcera al gusto nocciola, pistacchio, limone, zabajone e ricoperti di glassa che cambia colore a seconda del ripieno. Il bignè cicciotto e goloso, a Torino si è ristretto ed è diventato bignola perché il bon ton delle madamin dettava che le signorine educate non dovessero compiere il gesto volgare di spalancare la bocca. Così, i pasticceri sabaudi hanno portato il bignè a una dimensione tale che potesse scivolare fra le labbra socchiuse.

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