Sabino, tornano a casa le famiglie evacuate dopo l'esplosione

Sabino, tornano a casa le famiglie evacuate dopo l'esplosione
di Antonino Dolce
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Venerdì 15 Settembre 2023, 10:37

Cancelli chiusi alla Esplodenti Sabino, lo stabilimento del Vastese da ieri mattina è sotto sequestro. Il provvedimento si è reso necessario per poter effettuare la bonifica e per poter svolgere le indagini (affidate ai carabinieri) necessarie alla Procura di Vasto, in particolare al pm Silvia Di Nunzio, che ha aperto un fascicolo sulla strage costata la vita a Gianluca De Santis (40 anni, di Palata in provincia Campobasso), Giulio Romano (56enne di Casalbordino) e Fernando Di Nella (62 anni, di Lanciano).

Gli avvocati della proprietà (i fratelli Salvatore), Augusto La Morgia e Arnaldo Tascione, all’uscita del tribunale di Vasto non hanno voluto rilasciare dichiarazioni oltre a ribadire che «i protocolli sono stati rispettati, le schede di lavoro sono regolarissime. Il lavoratore (Giulio Romano, nda) era esperto perché da 30 anni tutti i giorni faceva quelle operazioni. Non riusciamo a spiegarci come sia potuto accadere se non in relazione a un difetto imponderabile della materia che si stava trattando». Il recupero dei corpi è stato completato già nella serata di mercoledì, giorno della strage, le tre salme sono state trasferite all’obitorio di Chieti dove nei prossimi giorni sarà effettuata l’autopsia. A occuparsene sarà molto probabilmente il direttore della Medicina legale della Asl Lanciano Vasto Chieti, Pietro Falco, già impegnato tre anni fa nel precedente terribile incidente. Lo stesso Falco nel tardo pomeriggio della tragedia si è recato sul luogo dell'incidente per un sopralluogo. Dopo l’esplosione, verificatasi in un capannone, udita a chilometri di distanza (i vigili del fuoco sono stati chiamati da alcuni bagnanti che si trovavano al mare), la scena che si è presentata ai soccorritori è stata terribile. Una delle vittime, De Santis, è stato trovato fuori dai locali, sbalzato dall’onda d’urto.

Un compito difficile quello toccato a polizia scientifica e agli altri incaricati del recupero dei corpi. Ieri mattina, sul posto sono arrivati gli artificieri dell’Esercito Italiano da Foggia. Il loro primo compito è stato quello di accertarsi che non ci fossero altri pericoli di esplosione per poi passare alla bonifica. Per quanto riguarda la dinamica, già dalle prime battute emerge la netta differenza con l’incidente di tre anni fa, quando si stavano smaltendo alcuni materiali nel forno statico. La prima ipotesi è che sia esploso un ordigno da artiglieria (si parla di granata, ma il condizionale è d’obbligo). L’azienda – che occupa circa 80 persone – si occupa di smaltimento di proiettili, missili ecc. e il disinnesco da parte di Romano stava avvenendo come da prassi, dalla parte posteriore. Qualcosa è andato storto e c'è stata una deflagrazione che ha scoperchiato anche parte del capannone.

La detonazione, oltre ad aver ucciso il dipendente che in prima persona stava maneggiando l’ordigno (contente secondo una prima stima circa 4 chili di esplosivo), ha investito con l’onda d’urto gli altri due lavoratori non direttamente coinvolti in quelle operazioni; uno di loro non sarebbe morto sul colpo ma qualche minuto dopo l’arrivo dei primi soccorsi.

Le indagini dovranno chiarire se in questo caso si sia trattato di spoletta difettosa o di errore umano. La commessa era da parte dell’Agenzia Industrie Difesa, azienda riconducibile al ministero della Difesa. Un’azienda d’eccellenza si direbbe, perché la Esplodenti Sabino vanta decenni di esperienza in questo rischioso settore. A Casalbordino, com’è possibile osservare anche in un video realizzato dalla società qualche anno fa, arrivano tutti i tipi di munizioni da tutto il mondo: dai proiettili, alle bombe a mano, dai razzi alle cluster bombs. Dopo il loro disinnesco, la polvere pirica viene riusata in esplosivi per usi civili. L’esplosione ha fatto tremare leggermente le abitazioni più vicine. Il sindaco Filippo Marinucci ha quindi emesso l'ordinanza di evacuazione di quattro case, gli occupanti sono stati ospitati in un albergo della zona e da parenti e amici. Nella giornata di ieri il primo cittadino ha revocato l’ordinanza. Il dramma di due giorni fa ha fatto rivivere ai colleghi le terribili scene del 21 dicembre 2020. Ben in pochi, comprensibilmente, hanno voglia di parlare. Ciò che sembra emergere, però, è che l’onda d’urto, per questione di minuti, non ha reso ancor più pesante il bilancio a causa della presenza di altri lavoratori nella stessa area.

Alcuni dei colleghi che si sono ritrovati per la seconda volta davanti alle terribili scene, non nascondono l’intenzione di non rientrare più. I sentimenti che prevalgono sono dolore per la perdita di altri tre colleghi e timori per il futuro occupazionale. Anche nel 2020 lo stabilimento rimase sotto sequestro per mesi, tanto da indurre gli operai, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali, a protestare. L’età media degli operai è alta e una ricollocazione altrove non è scontata né semplice nonostante i tanti anni di esperienza e la professionalità acquisita. Per questo già dopo la tragedia, sindacati e istituzioni presenti sul posto chiedevano rassicurazioni sul fronte degli ammortizzatori sociali. Ieri mattina il vescovo Bruno Forte, esprimendo «profondo dolore» ha chiesto «una riflessione seria e doverosa da parte di tutti gli enti che hanno responsabilità e compiti nella filiera». Antonino Dolce

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