SCHERZA COL CUOCO/ Uso consapevole del vino e dieta mediterranea: convegno a Capestrano promosso dall’Accademia medica aquilana

L'abitato di Capestrano (Aq) dominato dal Csstello Piccolomini (sec. XV)
di Carlo Gizzi
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 18:32 - Ultimo aggiornamento: 18:55

L'AQUILA In questo piccolo pianeta impazzito chiamato Terra accade che una parte della popolazione (il 20%) divora avidamente quasi tutte le risorse alimentari disponibili (l'80%) non residuando per il resto dell'umanità (3.5 miliardi di persone) che poche briciole. Tale insensato processo economico da una parte crea miseria, crisi alimentari, fame, guerre, migrazioni e dall'altra danni alla salute, patologie del benessere, mutazioni genetiche, surplus di terapie: e tutto a causa dell'abuso di sostanze alimentari e alcoliche. Come uscirne? Con la "moderazione”! Ossia andando verso un nuovo modello di sviluppo, eticamente ed ecologicamente sostenibile, a partire dalla produzione delle risorse alimentari fino alla loro distribuzione.

Tutto ciò è stato dibattuto nel corso del riuscitissimo convegno “Uso consapevole del vino: aspetti edonistici e sanitari nel contesto della dieta mediterranea”, promosso dall'Accademia Medica Aquilana "Salvatore Tommasi", che si è tenuto nella sala gremita di pubblico del Castello Piccolomini, a Capestrano, organizzato dall’event manager dell’Accademia Pieremidio Bianchi.

L’importante evento divulgativo si è svolto in collaborazione con il Comune di Capestrano che ha messo a disposizione le sale del castello e con la partecipazione della locale associazione proloco che ha offerto ai partecipanti una rassegna di prodotti del territorio.
Dopo l’introduzione del prof. Franco Marinangeli, che ha parlato della funzione di collegamento tra i cittadini e le istituzioni sanitarie svolta dall’Accademia Medica fondata nel 2020 in piena emergenza pandemica, i lavori sono stati coordinati dalla giornalista Angela Ciano e dallo storico del vino Ermenegildo Bottiglione, sommelier e esploratore del gusto.

Il prof. Mauro Maccarrone, Ordinario di Biochimica dell’Ateneo aquilano, ha parlato delle basi molecolari delle emozioni visive, olfattive e gustative che si sprigionano dal vino: «Il vino accompagna da sempre le più diverse attività umane come bevanda sacra, sociale, di comunione e di amicizia. Non c’è dubbio, quindi, che il vino sia capace di suscitare emozioni legate al suo aspetto, ai suoi profumi e ai suoi sapori. Le sfaccettature di tali emozioni sono praticamente infinite perché infinite sono le molecole che le provocano, le loro azioni sui nostri organi di senso ed i segnali che ne derivano a livello del sistema nervoso centrale. Se aggiungiamo i ricordi che le emozioni del vino possono riaccendere, rendendo di nuovo vivi nella mente particolari momenti della vita e memorie del passato, l’impatto emotivo di un calice diventa davvero sorprendente». Maccarrone ha spiegato le basi molecolari delle emozioni visive, olfattive e gustative che si sprigionano dal vino, in particolare da quello prodotto con i vitigni più importanti della nostra Regione. Inoltre, ha discusso gli effetti benefici e quelli dannosi dell’etanolo, un costituente fondamentale del vino che, a seconda delle quantità consumate, può contribuire ad esaltare le emozioni positive oppure indurne altre di segno opposto, fino all’intossicazione grave nell’alcolismo. 

Numerosi studi hanno dimostrato come la dieta mediterranea si associ ad una riduzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità per tutte le cause, oltre ad avere evidenze a supporto di una sua azione vantaggiosa sulla riduzione del rischio cardiovascolare (riduzione dei valori tensivi, della glicemia a digiuno e del colesterolo LDL) in pazienti ipertesi ad elevato rischio cardiovascolare (tanto più se arricchita con olio extravergine di oliva e frutta secca). A sostenerlo è stato il prof. Davide Grassi, docente di Medicina Clinica e Molecolare dell’Univaq. Privilegiando il consumo di verdure, cereali, legumi, frutta, frutta secca, olio d'oliva e pesce e consumo moderato di vino (preferenzialmente rosso), la Dieta Mediterranea, oltre ad essere povera di carne rossa e grassi saturi, è ricca di polifenoli: i preziosi antiossidanti comunemente reperibili nei cibi di origine vegetale, oltre che nel tè, nel vino rosso e nel cioccolato. «La loro efficacia nella riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari è ampiamente accettata anche nell'ambito delle linee guida internazionali per il trattamento dell'ipertensione arteriosa; queste indicano come la dieta mediterranea e anche l'assunzione di vino rosso nella quantità di max 2 bicchieri al giorno (di 125 cc cad. – NdR) per l'uomo adulto e di 1 bicchiere per la donna adulta, si associ ad una riduzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità». «A fronte di questo effetto vantaggioso del vino rosso, l'assunzione di alcool in eccesso viene invece caratterizzata come abitudine da abolire in nome di un aumentato rischio di sviluppare ipertensione arteriosa e del verificarsi di un numero maggiore di eventi cardiovascolari».

L’allarme sulle “patologie del benessere” provocate dagli errori alimentari è stato lanciato dalla prof. Giuliana Tozzi, docente di scienze dell’alimentazione e del benessere: «Studi clinici e sperimentali hanno da tempo dimostrato che gli errori alimentari debbano essere considerati il substrato patogenetico delle così dette patologie del benessere, malattie croniche oggi di proporzioni allarmanti». La prof ha sostenuto che con una popolazione mondiale in crescita, più longeva ed oppressa da problemi socio-economici, è necessario, ora più che mai, promuovere un’alimentazione sana e sostenibile per le persone e per l’ambiente. «Oggi il binomio vino e salute attira l’attenzione di tutti, dal consumatore, ai ricercatori, agli artisti e a chi fa marketing: le origini del vino sono talmente antiche da affondare nella leggenda». La professoressa Tozzi ha ricordato che l’allevamento della vite e la pratica della vinificazione prendono avvio con la prima rivoluzione dell’umanità: l’abbandono del nomadismo e la nascita dell’agricoltura. «Nel 1992 viene pubblicato sulla prestigiosa ed autorevole rivista scientifica The Lancet lo studio Wine, alcohol, platelets, and the French paradox for coronary heart disease. (Lancet 1992,339:1523-6), a firma di S.

Renaud e M de Lorgeril. Lo studio sottolinea una bassa incidenza della cardiopatia ischemica in alcune regioni della Francia a fronte di elevate quote di grassi saturi rispetto alla popolazione del Nord Europa. Gli autori ipotizzarono che tale paradosso (french paradox) poteva essere correlato al consumo regolare di vino rosso, componente tipico della tradizione alimentare delle popolazioni mediterranee”. Tuttavia, ha spiegato che i risultati sull’effettiva salubrità del vino e la modulazione dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari dal vino espletata, sono ancora lungi dall’essere conclusivi. Anzi: “la ricerca oggi sostiene, con l’evidenza dei dati, che vino e salute è un binomio impossibile».

La conferma della presenza della viticoltura abruzzese già nel periodo Neolitico è arrivata da due archeologi che hanno partecipato al convegno. La dottoressa Andrea Di Giovanni e il dott. Adriano Beviliacqua hanno raccontato che testimonianze dell’uso della vite selvatica si trovano fin dal neolitico, periodo in cui l’uso intensivo del frutto della vite spinse e portò ad una domesticazione della pianta e del frutto, modificando le caratteristiche selvatiche dei vinaccioli e permettendo una produzione sempre maggiore per qualità e quantità del prodotto della vite. «Testimonianze della presenza di vinaccioli nella successiva età del Bronzo (2300-1100 a.C.) si trovano in tutta Italia e anche in Abruzzo: tra la fine dell’età del Bronzo e la prima età del Ferro (XII, X sec. a.C.) fino all’inizio dell’età Arcaica (VI sec. a.C.) l’importanza socioculturale del vino è testimoniata nel record archeologico dalla presenza di tanti strumenti rinvenuti nei corredi tombali atti alla preparazione, alla conservazione e all’uso del vino». Nella preistoria il vino veniva preparato sia per essere consumato, che per essere conservato, compito, questo, riservato esclusivamente alle donne; ma con fini e fruizioni diverse: «Veniva dato da bere ai guerrieri prima del combattimento corpo a corpo per infondere più coraggio; ma veniva anche utilizzato per usi narcotizzanti, antidolorifici o disinfettanti e non per ultimo consumato durante i pasti e i simposi». In alcuni corredi tombali in aree dell’Abruzzo risalenti al VI secolo a.C. sono state rinvenute delle grattugie di bronzo: «Questo strumento rinvenuto sia in corredi tombali, che in abitati abruzzesi, veniva utilizzato per condire il vino con formaggio, come menzionato nei versi dell’Iliade riguardanti la preparazione del kykeion, ovvero vino servito con aggiunta di orzo, miele e formaggio grattugiato». «Nei corredi funebri di quel periodo viene anche rinvenuto il colino, oggetto in bronzo necessario per filtrare il vino nei travasi tra contenitori. Altro oggetto rinvenuto frequentemente è l’infundibulum: un colino con imbuto utile per trasferire il vino in contenitori più stretti»”. L’importanza del vino, hanno concluso gli archeologi, è anche testimoniata dal ricco vasellame di importazione da Grecia ed Etruria legato al simposio rinvenuto in tutte le necropoli abruzzesi: «Nelle tombe di uomini adulti della necropoli di Campovalano sono collocati crateri per mescere il vino e l’acqua».

Di occuparsi di storia recente della viticultura abruzzese che affonda le sue origini nel territorio aquilano, è toccato al dott. Domenico Pasetti, enologo, viticoltore e produttore di vino, secondo cui la storia della viticultura Abruzzese affonda le sue origini proprio nel territorio Aquilano ed è stata immortalata anche in alcune opere di Ovidio Nasone. Testimonianze antropiche, in tal senso, sopravvivono tuttora in tante cantine scavate nella roccia sotto palazzi gentilizi abruzzesi. «Verso la fine dell’800, oltre 30 mila ettari di superficie vitata occupavano gli altopiani dell’area Subequana, della Valle Peligna, dell’Alto Tirino; poi arrivò la fillossera, queste realtà scomparvero e venne meno tutto un sistema sociale ed economico importante; bisognerà attendere gli anni 50 del secolo scorso per vedere rinascere la viticultura soprattutto nelle aree costiere, “in zone molto più facili da coltivare, ma con qualità diverse, per non dire inferiori», secondo il parere dell’enologo Pasetti. «Oggi dopo 150 anni ci troviamo ad affrontare un problema diverso, ma ugualmente grande: quello del riscaldamento globale». Pasetti conclude auspicando che la viticultura abruzzese torni in montagna, come era nelle origini e soprattutto in provincia dell’Aquila: «Dobbiamo essere consapevoli e pronti ad accettare questa nuova sfida».

Dopo l’introduzione inziale del Sindaco di Capestrano, Antonio D’Alfonso e del prof. Marinangeli che ha illustrato le attività dell’Accademia Medica, i lavori del convegno sono stati coordinati da Angela Ciano e da Ermenegildo Bottiglione. Tra i presenti il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, il capo della Protezione civile regionale Mauro Casinghini, il senatore Guido Liris, l'ex vicepresidente della Regione Abruzzo Ugo Giannunzio.

"Star" della serata, Laura Pasetti ha regalato ai presenti la fragrante croccantezza della SAR-ratella (rivisitazione della classica ferratella abruzzese, che porta impresso l’acronimo SAR coniato da San Giovanni da Capestrano: “Salutis Aquilanorum Refugium, ripreso dall’Accademia perchè impresso sul portale dell’ex Ospedale Maggiore dell’Aquila (poi divenuto Scuola Elementare “Edmondo De Amicis) e lo chef stellato William Zonfa che ha intrattenuto i presenti indicando la via da seguire per una cucina sana, salutare e gustosa, puntando sulla scelta di materie prime di qualità e provenienti direttamente dal territorio.

Carlo Gizzi

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