Abusato a cinque anni dall’amico della madre: ora è detenuto in una cella accanto al suo violentatore

Il giovane ha riconosciuto l’orco in carcere: indagine interna. La vicenda risalirebbe a 17 anni fa

Abusato a cinque anni dall’amico della madre: ora è detenuto in una cella accanto al suo violentatore
di Teodora Poeta
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Lunedì 1 Aprile 2024, 12:48 - Ultimo aggiornamento: 14:45

Matura in un contesto di grande disagio familiare la vicenda del giovane detenuto di 23 anni di Teramo  che a quanto pare solo adesso, a 17 anni di distanza, ha raccontato al suo piantone di una violenza sessuale subita quando aveva all’incirca cinque anni. E lo ha fatto perché quell’uomo se l’è ritrovato nella cella accanto alla sua e guardandolo lo ha riconosciuto. Era un amico di sua madre. Una persona che frequentava la loro abitazione, pure lui teramano, e che ad altri detenuti, così come sarebbe già emerso, avrebbe dato risposte alle loro domande tali da confermare la storia. Una vicenda resa nota da Ariberto Grifoni del partito Radicale dopo la sua recente visita a Castrogno per Pasqua con una delegazione composta da 14 persone. «È una notizia uscita come un fulmine a ciel sereno», fanno sapere dal penitenziario, dove, però, dall'altro ieri, si sono subito attivati per un’indagine interna e per sentire immediatamente un detenuto che potrebbe essere la vittima degli abusi e il suo piantone, «in modo tale - precisano – da poter prendere i dovuti provvedimenti». Il suo nome, infatti, non è stato reso noto neanche agli agenti della penitenziaria. Si tratta di un giovane arrivato di recente a Castrogno dopo essere scappato da una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, una Rems, dove tra l’altro è difficile poterci entrare perché pure lì i tempi d’attesa sono lunghissimi. Nella precedente visita dei Radicali per le festività natalizie, non c’era. «Io è la prima volta che lo vedevo», conferma Grifoni.


FACCIA A FACCIA
E l’incontro è stato sconvolgente, tanto da fargli ricordare la battaglia personale che lui stesso ha dovuto combattere per riportare in Italia suo figlio dal Messico quando ancora era un bambino perché portato via dalla sua ex compagna. «Con la differenza – racconta – che questo ragazzo che ora è a Castrogno all’epoca un padre che potesse difenderlo, per situazioni diverse, non lo aveva. Sua madre era tossicodipendente e un amico di questa donna ha abusato di lui». In carcere, però, sarebbe finito proprio per maltrattamenti in famiglia. «Non si può escludere che il suo racconto sia falso, ma va verificato tutto il vissuto – spiega il noto psicologo forense Giuseppe Orfanelli -. In chi ha vissuto una violenza, rimane la fotografia della persona. Ma anche la menzogna è un tratto della personalità o ci può essere il falso ricordo». A tal proposito Orfanelli fa riferimento ai pedofili, perché se questa storia fosse accertata, di questo si tratterebbe. «La pedofilia è una perversione e questi predatori si ripetono nelle loro azioni», dice. E intanto Grifoni torna a chiedere con forza che il detenuto 23enne esca da Castrogno «ma per le sue condizioni psichiatriche». Che è, poi, anche ciò che ormai da anni denunciano pure i sindacati di polizia penitenziaria, ossia la presenza di detenuti con patologie psichiatriche. L’unica soluzione percorribile per Grifoni è che si prenda in seria considerazione quando previsto anche dalla Costituzione e si applichino amnistia e indulto.
 

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