Una ragazza di 26 anni sta aspettando l'autobus che la deve portare nel quartiere San Donato, quando viene avvicinata dalla donna con carrozzino al seguito, che inizia ad attaccare bottone, raccontandole in particolare di avere un bimbo, ma di non sapere chi fosse il padre poiché aveva avuto relazioni sentimentali con due uomini di colore, un senegalese e un keniano. Stando alla ragazza, la donna «non era lucida» e «dava l'impressione di avere problemi psichici», di essere insomma «un po' fuori di testa».
«I DUBBI SULLA PATERNITA'»
«A un certo punto - riferisce la 26enne agli inquirenti - la donna, sempre con il suo parlare frenetico, chiedeva se volessi prendere io il bimbo perché non sapeva che farsene visto che nessuno dei suoi due partner l'aveva voluto riconoscere. Poi aggiungeva testuale: non so che farmene del bambino mo' lo lascio sotto casa del keniano, tanto io non lo voglio». In quel momento arriva l'autobus e la giovane, scioccata, va via, allertando però all'istante il 113. Vengono effettuate immediatamente le indagini, ascoltati i titolari dei negozi vicini alla fermata. Il proprietario di un bar dice di aver visto la 38enne due volte nella sua attività. Poi il 7 dicembre viene individuata e fermata dalla polizia nei dintorni di via D'Annunzio. Il bimbo è con lei.
Portata in questura, la donna racconta quello che aveva riferito alla 26enne, ossia che aveva avuto due relazioni con un senegalese e un keniano, che riteneva che il piccolo fosse figlio del keniano per via del gruppo sanguigno, aggiungendo che desiderava che il padre frequentasse il piccolo, ma la compagna dell'uomo la minacciava. Nei suoi discorsi, mostra attaccamento verso il bambino. Poi racconta della sua vita, di un padre militare e benestante, che le consente di vivere di rendita, di aver studiato musica. Il tutto viene riferito «con un eloquio confuso e incontenibile». Si decide, dunque, anche su consiglio del tribunale dei minori, di far visitare la donna. I medici non ritengono necessario il ricovero. Vengono però svolti accertamenti sul suo modo di vivere, al termine dei quali arriva la decisione di affidare il neonato ad una casa famiglia. Della vicenda vengono subito avvisati i genitori, che cercano anche loro di capire quanto accaduto.
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