Oggi 13 settembre per Nada è un giorno da cancellare, sei mesi positiva, un caso pressoché unico in Italia, 180 giorni nel girone infernale del Covid-19, il virus che la tiene prigioniera in casa, che le ha fatto perdere due volte il lavoro di banconista, che le ha impedito di partecipare al matrimonio della figlia in Tunisia e al funerale della madre in Germania, morta improvvisamente il 26 luglio. Nada è positiva da 13 marzo scorso: 20 tamponi, solo uno negativo. La prossima settimana farà il 21esimo e stavolta spera davvero che il virus non sia più rilevabile. I medici le hanno prescritto la terapia contro l'Hiv, dovrebbe sconfiggere anche il Sars-Covid, quel virus che le hanno detto in osperale, a Pescara, dove la curano, non ha più carica virale, cioè non è infettante, ma non se ne va dalle mucose tanto che tutti i tamponi o quasi finora sono risultati positivi e quindi deve subire le restrizione dei contagiati: isolamento a casa, niente uscite, niente lavoro, niente rapporti sociali, nulla di nulla. Il vuoto, appunto, di stanze sempre uguali e prospettive zero dopo che il supermercato dove lavorava, a Porto D'Ascoli, l'ha lasciata a piedi non confermando il suo contratto a termine, in pratica licenziata e pure senza disoccupazione, e dopo che non si è potuta presentare al secondo lavoro, sempre perché positiva, che le era stato offerto, nel frattempo, da un altro titolare di market. Per lei, banconista esperta e volontaria del 118, è stato come rinunciare a un pezzo di vita. «Il lavoro è tutto per me, la mia esistenza, la mia indipendenza - dice - mi salvano i miei gatti e la musica di Laura Pausini». Oggi Nada è una positiva quasi asintomatica (ha solo dolori alle ossa), dopo due ricoveri e tanti effetti collaterali di un virus che più ci ragiona e più è convinta di averlo preso a lavoro, da un collega che stava male ma che non venne mai monitorato.
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