Fotografa un treno in Russia. «Fermato e trattato come una spia»

Bruno Aloisi, 63 anni, camionista di Giulianova, era andato a trovare la sua compagna Svetlana: “Ho avuto paura”

Fotografa un treno in Russia. «Fermato e trattato come una spia»
di Francesco Marcozzi
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 10 Aprile 2024, 07:24 - Ultimo aggiornamento: 12:18


 La sua passione per i treni gli è costata otto ore di fermo, trattato come una spia, in un posto di Polizia di Perm, una città di un milione di abitanti situata alla pendici dei Monti Urali in Russia. Il giuliese Bruno Aloisi, 63 anni, camionista ma per tanti anni addetto alla sicurezza dello stadio Fadini di Giulianova ai tempi del  presidente Sandro Quartiglia, è stato sorpreso da un agente della polizia ferroviaria mentre fotografava un treno merci che lo aveva s colpito per la sua straordinaria lunghezza, «più di un chilometro».

«Ero salito sul viadotto per meglio fotografare il treno - racconta Aloisi che vive a Giulianova, in provincia di Teramo - quando sono stato avvicinato da un agente che, a gesti, mi chiedeva che cosa stessi facendo e voleva il telefonino. Non parlava inglese e al contrario mi sarei fatto capire perché lo parlo abbastanza bene, non comprendeva una parola e nemmeno io di russo, ed allora ha deciso di portarmi nel posto delle polizia ferroviaria dove c’era forse il capo in alta uniforme che mi ha posto, inutilmente, le stesse domande.  Mi hanno sequestrato il telefono e hanno guardato le foto. Io ero a Perm, come faccio ogni tanto dal 2012, a trovare la mia compagna Svetlana.

Lei ha 62 anni e lavora in un’agenzia di prodotti petroliferi».

Cosa è accaduto? «Hanno deciso a quel punto che avrei dovuto seguirli in un altro posto di polizia, quello dell’ex Kgb e qui hanno provato ad interrogarmi sempre con il telefonino sequestrato fino a quando è arrivato l’interprete che parlava italiano. Nel frattempo, avendo problemi di carattere cardiaco e avendo la necessità di prendere assolutamente ad orario prestabilito una pasticca, ho chiesto di tornare a casa della mia compagna. Non mi hanno mandato da solo con loro, sono andati nell’ufficio di Svetlana e solo con lei sono potuto andare a casa sua e assumere il farmaco. Ma poi, con a lei, mi hanno di nuovo portato in caserma. Praticamente ero in stato di fermo e ho temuto per un attimo che mi potessero arrestare. La mia vicenda è finita addirittura su 18 giornali russi. L’interprete italiano è riuscito a far comprendere ogni cosa spiegando che io e Svetlana abbiamo una storia d’amore da tanti anni e che spesso io vado a Perm oppure lei viene a Giulianova. A quel punto mi hanno rilasciato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA