Una reazione, ha detto agli investigatori, al trattamento ricevuto dopo aver suonato alla porta dell’abitazione di piazza Tacito dove Recchione viveva con una delle due figlie: uno spintone che gli avrebbe fatto perdere il controllo e che avrebbe portato il ventiseienne a colpire il ferroviere. Ad aprire l’inchiesta era stata la polizia dopo aver ricevuto, due giorni dopo il ricovero, il referto dei medici dell’ospedale di Sulmona, nel quale si evidenziava come le ferite riportate (tra cui contusioni e tagli in viso) non erano compatibili con una caduta accidentale dovuta ad un malore, come all’inizio la figlia aveva pensato.
Quindi l’interrogatorio e la confessione del ragazzo, che dice di essere andato via da quella casa con il “suocero” ancora vivo. Anche per questo il sostituto procuratore, Stefano Iafolla, ha disposto l’autopsia sul corpo di Recchione: dall’esame, che sarà eseguito oggi dall’anatomopatologo Luigi Miccolis, si capirà se quei colpi inferti dal giovane al padre della sua ragazza siano stati o meno determinanti alla sua morte. Dalla vittima, d’altronde, non è stato possibile avere una testimonianza: in questi due mesi, infatti, è rimasta costantemente in coma. Patrizio Iavarone
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