Caso Federcalcio, la Procura fa appello: «Repace va condannato»

L'inaugurazione del campo della Figc a Prepo
di Luca Benedetti e Italo Carmignani
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Domenica 29 Marzo 2015, 17:21 - Ultimo aggiornamento: 18:28
PERUGIA - Come un supplementare senza fine, la partita per la vicenda del campo federale di Prepo, va oltre l’ultimo minuto.

Ad alzare la lavagnetta del recupero e allungare i tempi di una sfida che sembrava finita in favore di Luigi Repace e degli altri della Federcalcio deferiti dalla Procura federale e poi prosciolti, è stato il procuratore Stefano Palazzi. Proprio il procuratore ha presentato appello contro il proscioglimento di Luigi Repace e degli altri dirigenti della Federcalcio deferiti. Rilanciando sulla squalifica. Così la vicenda del campo di Prepo, dei soldi pubblici ottenuti con stati di avanzamento dei lavori che l’inchiesta penale ha ritenuto fasulli, batte il secondo colpo sul fronte della giustizia sportiva. E quella che sembrava una super vittoria per Repace e gli altri dopo il pronunciamento del Tribunale federale nazionale, diventa solo un allungo, con un traguardo non ancora tagliato.



I dubbi. Nel limite dei tempi previsti dal codice di giustizia sportiva, la procura federale ha preso carta e penna e ha presentato i sui dubbi sulla sentenza di primo grado che tra proscioglimento e prescrizione ha messo in una botte di ferro (sportiva) Luigi Repace, Carlo Emili, Naldino Forti, Giuseppe Palmerini, Roberto Lombrici e Mario Cicioni. Cioè una parte del direttivo del Comitato regionale umbro della Federcalcio che, all’epoca dei fatti, si è trovato tra le mani il progetto del campo in erba sintetica da realizzare a Prepo.



Il caso. Da giardino della Federcalcio regionale a patata bollente da maneggiare con cura, il passo è stato breve. E le due inchieste, quella penale e quella sportiva, hanno messo Repace e i suoi fedelissimi di fronte a dubbi e domande. Che da una parte hanno portato a un rinvio a giudizio per truffa e malversazione (insieme al numero uno della Figc saranno processati dal 2 febbraio 2016 il progettista Lanfranco Rossi, il segretario della Federcalcio Valerio Branda e alcuni componenti del consiglio direttivo: Mario Cicioni, Carlo Emili, Naldino Forti, Roberto Lombrici, Luciano Paccamonti e Giuseppe Palmerini) e dall’altra al deferimento a una richiesta di condanna sportiva di due anni e la vittoria con il proscioglimento. Fino al tempo supplementare con brivido dell’appello della procura guidata da Palazzi che porta il caso sul tavolo della Corte federale d’Appello.



La difesa. La difesa del presidente Repace non fa una piega. Che il ricorso della Procura federale fosse come il secondo tempo di una partita, cioè scontato dopo il fischio d’inizio, era pacifico. Lo sottolinea l’avvocato Luigi Chiappero che con Francesco Falcinelli assistente, davanti alla giustizia sportiva, il presidente della Federcalcio regionale. «Ce lo aspettavamo - spiega l’avvocato Chiappero al telefono- perché c’è una procura federale che ha avuto un atteggiamento ondivago. Ha iniziato l’indagine, poi si è fermata, poi ha dimostrato di voler procedere. Ha perso in primo grado, e lo ha fatto in maniera importante sia nel merito che nella procedura. È normale, allora, che reagisse. È nella logica dei processi». Chiappero spiega. Con la convinzione che il secondo tempo della partita andrà a finire come il primo. Cioè che il presidente Repace non prenderà gol all’ultimo minuto con tutto quello che consegue: Rischio commissariamento compreso. «Si tratta-spiega l’avvocato esperto di grandi processi sportivi, Calciopoli, fronte Juve, in testa- di un processo strumentali. Non c’è nulla di grave nell’operato di chi è stato prima deferito e poi prosciolto in primo grado. Si tratta di atti quasi obbligati e ossequiosi legati all’attività della magistratura ordinaria e fanno parte della normale attività della giustizia sportiva. Dopo la sentenza di primo grado che ha messo, in maniera netta, le cose a posto, credo che ci si potesse anche attendere una maggiore acquiescenza da parte della procura federale. Anche perché nella vicenda del campo di Prepo è pacifico che i soldi pubblici sono finiti tutti lì dove dovevano finire per costruire l’impianto sportivo federale. Onestamente, fossi dall’altra parte, punterei su altre inchieste. Sembra quasi che da una questione da niente se ne faccia una questione d’onore. Credo che non un minimo di valutazione più aperta, un fatto del genere sarebbe chiuso già con la decisione di primo grado. Il fatto è di una tale modestia. Direi che ci troviamo di fronte - chiude l’avvocato Chiappero - a un processo da burocrati».