Il folk dei Mumford & Sons cede il passo al rock: tour con tre date italiane per l’album della svolta

Mumford & Sons
di Sabrina Quartieri
2 Minuti di Lettura
Giovedì 28 Maggio 2015, 17:28 - Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 09:52
Due anni fa il loro tour in Italia aveva registrato il sold out. Oggi i Mumford & Sons tornano con tre concerti che si apprestano a diventare tra i più importanti eventi musicali dell’anno. Con il nuovo album “Wilder Mind”, la giovane band inglese salirà sul palco di Roma all’Ippodromo delle Capannelle martedì 30 giugno, dopo essersi esibita il giorno prima all’Arena di Verona. Poi, il primo luglio, sarà la volta della tappa al Pistoia Blues. Anticipato dal singolo "Believe", l’ultimo disco del gruppo segna una svolta rispetto ai precedenti “Sigh No More” del 2009 e “Babel” del 2012.



Registrato agli Air Studios di Londra e prodotto da James Ford (Arctic Monkeys e Florence & The Machine), già dalle prime sessioni di prove era evidente il cambiamento di approccio della band alla scrittura, alla registrazione, ma anche alla dinamica dei suoni. C'è un'atmosfera minimalista nel nuovo album, il cui suono Marcus descrive come “uno sviluppo, non una partenza”. Ovvero il folk cede il passo al rock. Rimane la stessa passione, la stessa profondità, ma le sonorità sono più dure, nonostante la voce carezzevole di Marcus.



I Mumford & Sons, dopo essersi esibiti praticamente senza sosta fin dagli esordi, a settembre del 2013, dopo cinque anni, decidono di prendersi la prima pausa: “Verso la fine del tour mondiale per Babel - racconta Marcus - abbiamo suonato sempre nuove canzoni durante il soundcheck, e nessuna di queste era caratterizzata dal banjo o dalla grancassa. Credo che tutti noi avevamo il desiderio di darci una scossa. Il componimento dei testi non è cambiato drasticamente; è stato guidato più dalla volontà di non fare di nuovo la stessa cosa. Inoltre, ci siamo innamorati della batteria! È così semplice.” Questo è l’album più collaborativo scritto dalla band fino ad oggi. In più, in netto contrasto con “Babel”, nessuna delle nuove canzoni è stata testata dal vivo: i fan le hanno ascoltate in anteprima nel disco. Uno shock, allora? “È un invito” ride Marcus, “non una sfida”.



Nei mesi precedenti alla fine dell’ultimo tour, i Mumford & Sons avevano trascorso del tempo con Aaron Dessner dei “The National”, registrando demo a New York: “Aaron ci ha insegnato a collaborare di più - ammette Ben - ci ha incoraggiato a celebrare le idee degli altri e a non abbandonare mai qualcosa. Non è una cattiva abitudine da imparare sia a livello personale che creativo”. “È stato probabilmente il disco più divertente dei tre”, aggiunge Marcus. I testi sono come una serie di istantanee: un diario, una cartolina, diverse conversazioni su incomprensioni e sensazioni di angoscia, inganno e perdita. È un disco notturno che vola dentro e fuori l'oscurità delle ombre, da una parte, e la luminosità delle luci, dall’altra. Il sound di queste emozioni è fatto di una musica di incredibile complessità e sottigliezza, che suona come una nuova pagina per la band…Per informazioni: www.comcerto.it; www.ticketone.it; www.rockinroma.com.