Toyo Ito: «Unire natura e tecnica»

Toyo Ito: «Unire natura e tecnica»
di Stefania Viti
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Lunedì 22 Settembre 2014, 10:41 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 09:23
Per i suoi progetti in cui leggerezza e trasparenza combinano il mondo fisico con quello virtuale conosciuto in tutto il mondo. Toyo Ito, uno dei pi importanti architetti viventi: Premio Pritzker, il Nobel dell’Architettura, nel 2013 e altri prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Leone d’Oro per il padiglione del Giappone alla Biennale di Venezia 2012.



Considerato uno degli esponenti più significativi di quell’indirizzo architettonico che prospetta l’idea di città simulata, dopo il terribile disastro che ha colpito il Giappone nel 2011, insieme ad altri celebri architetti giapponesi ha dato vita al progetto Home-for-All (Minna no Ie) per i centri di soccorso ed accoglienza, basato sull’idea di socialità e condivisione di spazi minimi comuni dove la gente sta insieme e cerca di tornare a sorridere. Il prossimo 25 settembre, in occasione del Salone Internazionale della Ceramica, salirà in cattedra per tenere una Lectio Magistralis sulla «possibilità di andare oltre il Modernismo».



Signor Ito, lei è l’ospite più atteso di questa edizione di Cersaie. Qual è dunque il suo rapporto con la ceramica?

«Quando ero giovane e credevo nell’estetica del Modernismo, ho creato spazi in cui i materiali naturali non erano molto usati, così che una persona non si sentisse circondata dalla materialità degli oggetti ma potesse aumentare il senso di “astrazione”. Di recente sono cambiato e utilizzo i materiali che appagano i cinque sensi. Non soltanto la vista ma anche l’udito e il tatto. La ceramica sta nel mezzo, tra i materiali naturali e i materiali artificiali. Ho usato molto la ceramica soprattutto come materiale per pavimenti e continuerò a utilizzarla nel futuro. Inoltre mio padre era un ricercatore di antichi edifici in Cina e Corea. Non so se sia vero, ma alcune persone dicono che il silenzio della mia architettura può essere considerato una eco della porcellana occidentale, la porcellana bianca».



Cosa è per lei l’architettura?

«Un luogo piacevole dove le persone possono sentirsi libere».



Il clima sta cambiando ovunque: terremoti, tsunami e tornado sono diventati frequenti anche in luoghi dove prima non c’erano. Quale è il ruolo dell’architettura adesso? E quale è per lei la relazione tra natura e architettura?

«L’architettura del Modernismo ha reciso la relazione con la natura e creato ambienti artificiali che non entrano in contatto con gli ambienti naturali. Quello che dobbiamo fare è liberarci da questo pensiero, ripensare allo stile di vita di tutte le comunità prima dei tempi moderni, e ri-creare l’architettura, che è aperta alla natura e che può recuperare questo stile di vita. Ma questo “ri-creare” non deve essere un tornare al passato, significa piuttosto costruire un rapporto più stretto con l’ambiente utilizzando le tecnologie più avanzate, come il computer control technology, al massimo».



Nel 2020 Tokyo ospiterà le Olimpiadi e molti siti esistenti saranno ristrutturati. Cosa ne pensa dei progetti?

«Ci sono solo progetti poco interessanti. Non c’è nessun design innovativo che ci possa far immaginare il futuro di Tokyo».



Quale è la sua prossima sfida?

«Il Metropolitan Opera House di Taichung, a Taiwan. Da quando abbiamo vinto il concorso sono già passati nove anni. Si chiama “Sound Cave” e vorremmo realizzare un progetto di architettura post- Modernismo».



Se le dico “Italia”, cosa le viene in mente?

«Mangiar bene, belle donne e il genio del design».